Diana Pifferi, la foto tra i palloncini prima della tragedia. I funerali pagati dal Comune

Nulla osta per la sepoltura della piccola morta di stenti a Ponte Lambro, dall'esame autoptico la conferma: è stata una lenta agonia

Diana Pifferi, la foto tra i palloncini prima della tragedia. I funerali pagati dal Comune

di Giammarco Oberto

Seduta sul letto, vestita come una principessina, in mezzo a palloncini rosa. E rosa sono la gonna e il cerchietto sulla testa. Eccola la piccola Diana, in una foto che forse è anche l’unica a disposizione: è appesa in mezzo a peluche e biglietti dei vicini sul cancello della casa in cui ha affrontato il suo calvario, il bilocale di 50 metri quadrati in via Parea, Ponte Lambro.

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Le spese del funerale pagate dal comune

Quelli dell’agenzia funebre hanno messo la foto sulla coccarda che segnala che «il giorno e l’ora dei funerali verranno comunicati in seguito». Perché solo ora, ultimati gli accertamenti autoptici, la procura ha dato il nulla osta alla sepoltura di Diana, la bimba di 18 mesi lasciata sola in casa per sei giorni dalla madre Alessia Pifferi, in carcere accusata di omicidio volontario pluriaggravato. Il Comune di Milano si è offerto di pagare le spese dei funerali: alla cerimonia dovrebbe essere presente anche il sindaco Giuseppe Sala, a testimonianza dello choc collettivo che il martirio della bambina ha causato. In procura ogni giorno arrivano email di cittadini, soprattutto madri e padri, che raccontano di essere rimasti sconvolti dalla vicenda e che chiedono giustizia per Diana. Solo ieri sono arrivati una ventina.

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L'autopsia: cinque giorni di agonia

L’autopsia eseguita martedì, dai risultati ancora parziali, ha accertato che quando è stata trovata la piccola era morta da non più di 24 ore. Era il sesto giorno di assenza della madre: significa che la sua lenta agonia è durata cinque giorni, in quella casa vuota. Fame, sete, caldo infernale, almeno 35 gradi. Diana si spegneva lentamente e mordeva il cuscino: ci sono i segni dei piccoli morsi, in cerca di un nutrimento che non poteva arrivare. Alessia Pifferi, 37 anni, è in carcere, guardata a vista. Ma non pare essere consapevole della gravità del suo gesto: abbandonare un infante per stare sei giorni nella Bergamasca con un uomo. Appare tranquilla, non piange, l’unica richiesta è quella di andare ai funerali di Diana.

Richiesta che ovviamente non viene neppure presa in considerazione. La difesa - i legali Luca D’Auria e Solange Marchignoli - ha già nominato due esperti per una consulenza neuroscientifica e psichiatrica sulla Pifferi. Per la Procura invece non c’è necessità di perizia, perché la donna sarebbe stata lucida nella sua volontà e ne ha spiegato anche le ragioni davanti al gip: per lei la figlia era un «peso» che la ostacolava nella vita e nel suo «futuro» con il compagno.

Il giallo del flaconcino di En

L’inchiesta è solo all’inizio. Il primo agosto sono stati fissati gli accertamenti irripetibili sul contenuto del flaconcino di “En” ritrovato nell’appartamento di via Parea, per verificare che si tratti davvero di benzodiazepine, e sul latte rimasto nel biberon ritrovato vicino a Diana per appurare se vi siano tracce del potente tranquillante, che la madre potrebbe averle fatto assumere. E per verificare, inoltre, se vi sia o meno il Dna della bimba sul beccuccio del biberon. Gli esiti completi degli esami autoptici, invece, dovrebbero essere a disposizione degli inquirenti nel giro di 60 giorni.

 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 28 Luglio 2022, 12:11
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