Coronavirus, Pregliasco: «In Lombardia dati sottostimati di 10 volte. Meno casi in Veneto? Vi spiego perché»

Coronavirus, Pregliasco: «In Lombardia dati sottostimati di 10 volte. Meno casi in Veneto? Vi spiego perché»
Il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore dell'Università Statale di Milano e direttore sanitario dell'ospedale Galeazzi, è stato intervistato oggi dal Corriere della Sera e ha detto la sua sulla pandemia di coronavirus che sta travolgendo l'Italia e l'Europa, a partire dalla Lombardia, epicentro del contagio. «Io vorrei spiegare davvero all'opinione pubblica perché la Lombardia è stata travolta da uno tsunami di casi di Covid-19», ha detto Pregliasco, che ha confrontato il caso Lombardia con quello del Veneto, parlando inoltre delle polemiche sui numeri di contagi e vittime forniti dalla Protezione Civile.

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«Si sta diffondendo un po' l'idea che il Veneto abbia gestito meglio l'epidemia (poco più di 10 mila casi e 500 decessi). Io non voglio sminuire il lavoro prezioso dei colleghi veneti, ma bisogna capire che la situazione non è paragonabile», le sue parole. Il problema «è che lì c'è stato un focolaio, qui un incendio». Qual è la differenza? «Il 25 febbraio, a ridosso del 'Paziente 1' di Codogno, la Lombardia ha 231 casi; il Veneto 42. Da quel momento in avanti la crescita è esponenziale: il 3 marzo i lombardi positivi sono 1.346, i veneti 297».

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La Lombardia conta un numero di decessi impressionante. Ma «calcolare oggi il tasso di mortalità non ha senso perché è rapportato al numero di tamponi eseguiti che sottostima, fino a dieci volte, il numero reale di malati», aggiunge Pregliasco, secondo cui in numeri assoluti ci sono quasi ottomila morti, contro 532 del Veneto. «Ma è così difficile da capire che le due Regioni non sono minimamente paragonabili per gravità della situazione di partenza?». Quanto ai tamponi agli operatori sanitari, «ai sintomatici viene fatto. Per gli altri, allora, ci vorrebbe per tutti il tampone quotidiano. Perché chi oggi non è infetto lo può essere domani». 



«Sicuramente la Lombardia sconta almeno 12 giorni di ritardo nelle chiusure.
E non per colpa sua», ha aggiunto Pregliasco, che precisa: «A me risulta che dalla Lombardia fosse stato subito chiesto di bloccare tutto, ma Roma ha temporeggiato. Lo dico con rammarico». Nel frattempo sono stati moltiplicati i posti nelle Terapie intensive. Ma la situazione sul territorio sembra sfuggita di mano. «Al di là degli sforzi encomiabili di medici di famiglia che in alcuni casi ci hanno rimesso anche la vita, la medicina del territorio non ha funzionato al meglio». Con quale risultato? «Il virus può progredire in modo grave da un momento all'altro: il rischio è che i malati possano arrivare già gravi in ospedale, il posto migliore per curare il Covid-19. Non è una malattia domestica». 
Viene da pensare: il Veneto fa più test e traccia meglio i contatti stretti per bloccarli a casa. «È una falsità. Lo dicono i numeri: il 24 febbraio la Lombardia esegue 3.689 tamponi contro i 2.200 del Veneto; poi 4.658 contro 3.780; poi ancora 5.829 contro 4.900, e via dicendo. I numeri si riferiscono ai primi giorni. Fino al 26 febbraio. In seguito in Veneto sono stati eseguiti 2.165 test su 100 mila abitanti, in Lombardia 1.139. Una volta che il virus si espande su larga scala fare a tutti il tampone, oltre che impossibile per la quantità di esami che andrebbero svolti, è inutile. Il test - avverte Pregliasco - dice solo se in un determinato momento sei positivo, non se lo diventi dopo un giorno. Quando il contagio è ormai diffuso — e lo è per l'ormai noto R0 — l'unica arma per bloccare la diffusione è l'isolamento sociale».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Aprile 2020, 10:33
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