Milano, il dirottatore del bus dei bambini: «Chiedo perdono a tutti»

Il dirottatore del bus dei bambini: «Chiedo perdono a tutti»

di Vittoria Golinelli
«Chiedo pubblicamente perdono a tutti. Sono pentito per quello che ho fatto, la situazione mi è sfuggita di mano. Io non volevo uccidere nessuno». È tormentato, Ousseynou Sy, 47 anni, l'autista di origine senegalese che lo scorso 20 marzo ha dirottato un bus con a bordo 50 studenti della scuola media Valiati di Crema e tre accompagnatori. Voleva incendiare il mezzo sulla pista dell'aeroporto di Linate come gesto dimostrativo per protestare contro le politiche dell'immigrazione del governo italiano. Un atto eclatante, sventato grazie alle telefonate d'allarme degli alunni e all'intervento dei carabinieri, che hanno salvato i ragazzini e neutralizzato l'attentatore mentre l'autobus già veniva divorato dalle fiamme.

A se imesi di distanza, Sy - è rinchiuso nel sesto raggio del carcere milanese di San Vittore lontano dagli altri detenuti - riflette con maggior lucidità su quello che è accaduto quel giorno. E non si da pace. Tramite il suo legale Richard Ostiante spiega che voleva solo che «si parlasse dell'emergenza immigrati, dei bambini che nell'indifferenza generale muoiono nel Mediterraneo, di un esodo dall'Africa all'Italia e all'Europa che non interessa nessuno. La loro sofferenza fa sapere - non può rimanere silenziosa». La stessa spiegazione che ha dato anche ai sostituti procuratori Luca Poniz e Alberto Nobili, che hanno chiesto il processo immediato per strage, sequestro di persona, incendio, resistenza e lesioni. Il tutto aggravato dalla minore età delle vittime e dalla finalità del terrorismo.
La prima udienza è fissata per domani davanti ai giudici della prima corte d'Assise d'Appello. L'imputato ha deciso di non ricorrere al rito abbreviato e dunque alla possibilità di ottenere lo sconto di un terzo della pena nel caso di condanna che, visti i reati contestati, potrebbe essere molto lunga. Una scelta accolta dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Ostiante e Domenico Meddis che per il momento non vogliono giocare la carta dell'infermità mentale.
Sposato, padre di due figli, dal giorno dell'attentato Sy non ha più contatti con la sua famiglia e in carcere non vuole incontrare nessuno. E i suoi legali temono che presto possa crollare. «In aula voglio raccontare integralmente la verità spiega ancora - perché ho scelto di fare questo gesto dimostrativo. So e accetto le conseguenze a cui vado incontro, ma voglio far conoscere la mia storia».

riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Settembre 2019, 09:42
© RIPRODUZIONE RISERVATA