Alessia Pifferi, la zia di Diana in tribunale con la foto: «Era la bambina più bella del mondo, mia sorella deve pagare»

La madre della bimba lasciata morire di stenti è accusata di omicidio volontario, l'udienza rinviata

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di Redazione web

Si è presentata in aula in Corte d'Assise a Milano indossando una maglietta con stampata la foto della nipotina. Viviana Pifferi, sorella di Alessia Pifferi e zia della bambina lasciata morire di stenti dalla madre, ai cronisti presenti per la prima udienza (poi rinviata) del processo in cui è accusata di omicidio volontario ha detto: «Diana era la bimba più bella del mondo, non si meritava tutto questo, lei deve pagare per ciò che ha fatto». Viviana e la madre, nonna della piccola Diana, saranno parti civili nel processo contro Alessia Pifferi.

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Alessia Pifferi cambia avvocato, il processo slitta

Stamani il processo, davanti alla Corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini, è stato subito rinviato al prossimo 8 maggio, perché nei giorni scorsi Alessia Pifferi ha cambiato ancora una volta difensore. Poi, ha richiamato il precedente legale, il quale alla fine ha rinunciato al mandato. Ora è assistita dall'avvocato Alessia Pontenani, la quale ha chiesto termini a difesa essendo stata nominata solo qualche giorno fa. Rinvio concesso dai giudici data la «delicatezza e complessità del procedimento». Nella prossima udienza, come ha spiegato il legale Emanuele De Mitri che le rappresenta, la madre e la sorella di Alessia Pifferi, rispettivamente nonna e zia della bimba, si costituiranno parti civili contro la 37enne, in carcere da fine luglio scorso nell'inchiesta della Squadra mobile di Milano, coordinata dai pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro.

 

Le accuse

La Procura ha contestato nell'imputazione di omicidio volontario anche l'aggravante della premeditazione, oltre a quelle di aver ucciso la figlia e dei motivi futili e abietti. La piccola, scrivono i pm nell'imputazione, venne lasciata «priva di assistenza e assolutamente incapace, per la tenerissima età, di badare a se stessa, senza peraltro generi alimentari sufficienti e in condizioni di palese ed evidente pericolo per la sua vita, pure legate alle alte temperature del periodo». Tutto ciò causò «nella minore una 'forte disidratazione'» che portò alla morte. Dopo aver chiuso la porta di casa, la donna se ne era andata dal compagno (non padre della bimba) in provincia di Bergamo. La 37enne nel processo rischia la condanna all'ergastolo (aveva provato a chiedere il rito abbreviato, ma l'istanza è stata respinta in base alle normative). La difesa potrebbe puntare su un'istanza di perizia psichiatrica per valutare un eventuale vizio di mente al momento dei fatti. «Deve pagare», ha ripetuto la zia in lacrime. Nella prossima udienza saranno trattate le questioni preliminari e la fase della ammissione prove. Il processo, ha spiegato il presidente della Corte, sarà trattato «tra la seconda metà di giugno e la prima metà di luglio» e si potrebbe chiudere anche prima dell'estate. Oppure a settembre.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Marzo 2023, 15:32
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