Madre e figlia uccise, ora Alessandro Maja scrive dal carcere: «Come sta Nicolò?»

Lettere a suoceri che rispondono, 'ti senti ancora uomo?'

Madre e figlia uccise, ora Alessandro Maja scrive dal carcere: «Come sta Nicolò?»

di Redazione web

Ha mandato diverse lettere ai suoceri, per conoscere le condizioni del figlio, Alessandro Maja, l'architetto 57enne in carcere con l'accusa di averlo ferito in modo grave dopo aver ucciso la moglie e la figlia di 16 anni a Samarate (Varese).

«Gli ho risposto se si sente ancora un uomo», racconta al Corriere della Sera nonno Giulio, 81 anni, in occasione delle dimissioni dall'ospedale del nipote dopo un ricovero di oltre quattro mesi. «Io e mia moglie Ines abbiamo passato ogni giorno in ospedale».

 

MADRE E FIGLIA UCCISE: PADRE DAL CARCERE, COME STA NICOLÒ

«Una cosa terribile. In tantissimi ci hanno sostenuto, a partire dal sindaco di Samarate Enrico Puricelli, che ieri mattina, dopo le dimissioni, siamo andati a trovare», racconta l'anziano, confermando il particolare delle lettere ricevute dal genero in carcere.

«Gli ho scritto per filo e per segno quello che ha passato Nicolò - rivela - Ma a ogni lettera aggiungevo: 'Ps: vorrei sapere da te se sei un uomò. E vorrei sapere a chi era rivolta la parola 'bastardì, sentita pronunciare durante le sue farneticazioni il mattino della strage».

ALESSANDRO MAJA: LA FAMIGLIA STERMINATA A SAMARATE

Potrà tornare a casa Nicolò Maja, il 23enne di Samarate (Varese) unico superstite della strage compiuta dal padre Alessandro che il 4 maggio ha ammazzato la moglie e la figlia e ha ferito gravemente il giovane che dopo più di 4 mesi in ospedale dovrebbe presto tornare a casa, dai nonni materni, a Cassano Magnago (Varese).

Nelle scorse ore i suoi progressi sono stati postati dal sindaco di Samarate, Enrico Puricelli, che ha voluto incontrarlo per dargli il bentornato. «Il cammino è ancora lungo, ma ha avuto una ripresa davvero strepitosa» ha confermato il suo avvocato, Stefano Bettinelli, «ha ripreso tutte le facoltà cognitive, mentre per il resto ci vorrà una lunga riabilitazione, un intervento chirurgico da fare, ma gli auguro di tornare ad una vita piena e che possa superare il dramma che ha vissuto».

Nicolò aveva realizzato il suo sogno e aveva ottenuto da poco il brevetto di volo. Voleva fare il pilota. La madre, Stefania Pivetta, 56 anni, ne aveva elogiato le qualità e la determinazione su Facebook, mentre la sorella minore, Giulia, di 16 anni, era una «ragazza dolcissima», come l'hanno sempre definita familiari, amici e compagni di scuola e conoscenti. Il padre, di 57 anni, nella notte tra il 3 e il 4 maggio scorsi, ha impugnato un martello e ha ammazzato, mentre dormivano, moglie e figlia e ha ferito Nicolò che, forse risvegliato dalle grida o dai rumori, potrebbe aver avuto il tempo di lottare ed evitare il colpo mortale. Maja, prima piantonato in un reparto di psichiatria e ora in carcere, ha infine tentato di uccidersi dandosi fuoco, senza riuscirci. Una settimana dopo, reo confesso, al gip di Busto Arsizio (Varese), Piera Bossi, ha cercato di spiegare i due omicidi e il tentato omicidio dei familiari con «l'ossessione per i debiti. Mi sentivo un fallito - aveva sostenuto -, responsabile di non poter garantire lo stesso tenore di vita alla famiglia in futuro, ma non so perché ho agito così».

L'avvocato dei Pivetta, Stefano Bettinelli ha replicato poco dopo affermando che, «se ci si sente oppressi dai debiti, come spesso accaduto, di solito ci si uccide ma non si ammazza la famiglia». Il 23enne, inizialmente in coma, si è svegliato alla fine di maggio e nei tre mesi successivi le sue condizioni sono lentamente migliorate.


Ultimo aggiornamento: Martedì 13 Settembre 2022, 18:26
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