Alberto Genovese, la sua versione nell'interrogatorio: «Mi ha denunciato perché non l'ho pagata, attorno a me una 'macchina mangiasoldi'»

Alberto Genovese, la sua versione nell'interrogatorio: «Mi ha denunciato perché non l'ho pagata, attorno a me una 'macchina mangiasoldi'»

di Silvia Natella

«Mi ha denunciato perché non l'ho pagata». È questa in sintesi la versione di Alberto Genovese, il mago delle startup arrestato a novembre per aver drogato e violentato una modella di 18 anni nel suo appartamento vista Duomo a Milano. Nell'interrogatorio fiume avvenuto dopo l'arresto e riportato sui verbali l'imprenditore alterna momenti di lucidità e di confusione. Prova a difendersi, ma ammette che l'abuso di sostanze stupefacenti gli provoca delle allucinazioni al punto di non essere in grado di distinguere la realtà dalla finzione. 

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LA DROGA

Tutto è cominciato nel 2015 quando ha iniziato a sniffare cocaina. Due anni dopo ha smesso di lavorare e la sua vita ha preso una piega diversa. Le conseguenze della tossicodipendenza sono descritte nei verbali e, come riporta il Corriere della Sera, i suoi avvocati, Luigi Isolabella e Davide Ferrari, sono stati costretti a chiedere un rinvio dell'interrogatorio perché Genovese era in preda all’astinenza. «Il mio è il cervello di un tossicodipendente. Sono tormentato dall’incapacità di distinguere la realtà dalla finzione... Ho allucinazioni uditive attraverso il respiro o il battito cardiaco, o da una mano che passa sulla stoffa, dai condotti dell’aria condizionata, dal rumore del movimento delle suole delle scarpe sul pavimento». Una situazione che avrebbe capito soltanto in carcere. 

LA RICOSTRUZIONE

Nonostante i ricordi siano confusi nella sua mente, nel verbale prova a ricostruire la notte incriminata. La sua versione viene confrontata con il video in possesso degli inquirenti e ovviamente con le parole della modella 18enne. Genovese è accusato di averla stuprata dopo averla stordita con la droga, ma lui ricorda che lei gli avrebbe detto «Dammi tremila euro e puoi fare tutto quello che vuoi». «Ho preso i soldi dal comodino e glieli ho contati.

Lei è andata in bagno, credo a contarli. Ricordo che è tornata dal bagno nuda e con la borsetta mi ha detto “eh, eh”. Allora sono andato nello studio, ho preso un’altra manciata di soldi, forse una mazzetta intera di 10.000. Lei si è stupita dicendomi “figuriamoci se non hai mai pagato una prima”». Sembra, inoltre, che le avrebbe offerto altre 500 euro «se si fosse fatta legare» e se avesse urlato. A un certo punto, però, è sorto nell'uomo il dubbio che la ragazza fosse minorenne. «Ho bruciato i soldi con un cannello da cucina e le ho detto di andare via». La modella lo ha denunciato subito dopo fermando una volante della polizia per strada. Per Genovese è «la punizione per non aver pagato», ma alla sua denuncia di stupro ne sono seguite altre. 

LA MACCHINA MANGIASOLDI 

L'uomo è convinto che intorno a lui si fosse creata una sorta di "macchina mangiasoldi" con ragazze pronte a prostituirsi. «Non capisco se ci fosse una sorta di macchina succhia-soldi intorno a me e questa cosa mi fa stare male», dice. Il timore è che le persone si siano avvicinate per soldi e non per reale interesse. Oltre a questa riflessione anche un proposito: «Penso che questo processo mi possa dare la possibilità di dimostrare che non nuocerò più alle donne e alla collettività».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Gennaio 2021, 10:44
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