Migranti, l'affare (sospetto) della Ong. «Soldi per salvare i naufraghi»

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di Valentina Errante

L’accusa è gravissima e a supportarla, secondo la procura di Ragusa, ci sarebbero intercettazioni e verifiche finanziarie: soldi per prendere a bordo migranti. La vicenda riguarda i 27 naufraghi soccorsi in mare lo scorso agosto dal cargo danese “Maersk Etienne”. Dopo 37 giorni, l’armatore avrebbe pagato «un’ingente somma» per cedere il carico e riprendere l’attività commerciale. Dall’altra parte a incassare ci sarebbero stati quelli della Nave Jonio, il rimorchiatore che operava soccorsi in mare per conto della “Mediterranea saving humans”. È l’accusa mossa dalla Procura di Ragusa che vede indagati, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione del codice della navigazione l’ex disobbediente Luca Casarini, capo missione durante il salvataggio, l’ex assessore comunale di Venezia Beppe Caccia, il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone, al timone durante l’episodio contestato. Sono coinvolti per il loro ruolo con la “Mare Jonio”, gestita dalla compagnia armatoriale “Idra social shipping”. La Ong, che è estranea all’indagine, si difende e parla di un teorema giudiziario, ma intanto il procuratore Fabio D’Anna ha disposto le perquisizioni. 

«Mare Jonio pagata per trasbordo migranti». Quattro indagati dai pm di Ragusa, anche Casarini e Caccia

LA VICENDA
All’inchiesta lavora un gruppo interforze, composto da personale della guardia di finanza, della squadra mobile e della capitaneria di porto, che ieri mattina ha eseguito perquisizioni e sequestri nei confronti della società armatrice del rimorchiatore e nei confronti dei quattro indagati, a Trieste, Venezia, Palermo, Mazara del Vallo, nel Trapanese, Augusta, nel Siracusano, Bologna, Lapedona e Montedinove, nelle Marche. Obiettivo, «ricercare ed acquisire ogni elemento» che sia «utile a comprovare i rapporti tra gli indagati e la Maersk Etienne, e con eventuali altre società armatoriali».

Al centro dell’inchiesta lo sbarco, nel porto di Pozzallo di 27 migranti, avvenuto il 12 settembre del 2020. I profughi arrivati a bordo della Mare Jonio erano stati trasbordati sul rimorchiatore il giorno prima dalla “Maersk Etienne”, dove si trovavano da 37 giorni, in attesa di assegnazione di un porto sicuro dopo un evento Sar disposto da Malta. La nave aveva atteso a lungo indicazioni senza riceverne e invece, in 24 ore, la “Mare Jonio” aveva ottenuto il “Pos”. Durante i controlli di routine, dopo lo sbarco a Pozzallo, la polizia si era insospettita per i contatti avvenuti nei giorni precedenti tra le due navi. Così sono partite le indagini. 

LE ACCUSE
Per la Procura di Ragusa, che sottolinea di avere in mano «intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali», è «emerso che il trasbordo dei migranti» è avvenuto «senza nessun raccordo con le autorità» maltesi e italiane e «apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, “documentata” da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente sul rimorchiatore». Non solo: l’accusa più grave mossa dalla Procura, è che il trasbordo sia stato «effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi», con «la Mare Jonio che ha percepito un’ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso». Un’inchiesta avviata dopo lo sbarco e che, spiega il procuratore D’Anna, non riguarda la gestione delle Ong nei soccorsi in mare, ma «soltanto un episodio in cui sono coinvolte due società commerciali». 
Sulla vicenda è intervenuto il leader della Lega, Matteo Salvini, annunciando che chiederà «un incontro urgente al Presidente del Consiglio e al ministro dell’Interno». Sulla stessa linea Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.


Ultimo aggiornamento: Martedì 2 Marzo 2021, 09:18
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