«Io? Perché tornate di nuovo da me, ho già scontato quello che mi spettava ai miei tempi. Basta», dice Maria Mesi. E lo specifica meglio la donna che di certo è stata a lungo l’amante di Matteo Messina Denaro e che si sospetta abbia continuato a tenere con lui un rapporto clandestino: «Non c’entro più nulla con la sua vita. Proprio nulla». Il discorso è chiaro: la trentenne che negli anni Novanta ebbe un’intensa storia d’amore con l’ultimo stragista di Cosa nostra, lei stessa dice di essersela lasciata alle spalle.
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PRESENTE E PASSATO
Oggi che si avvicina ai sessant’anni si mostra infastidita per l’arrivo dei carabinieri del Ros con un decreto di perquisizione. Gli investigatori hanno il forse sospetto che non si debba parlare al passato rispetto alla sua storia tra Maria Mesi e l’ormai ex latitante. Qualcosa potrebbe legare la donna al presente di Messina Denaro. Lei non ci sta. Segue i militari durante la perquisizione di due giorni fa e prova ad allontanare ogni sospetto. Dice di essere «mille miglia lontana» da quel mondo dove incrociò, fino ad innamorarsene, la primula rossa di Castelvetrano. Maria Mesi è di nuovo indagata per favoreggiamento assieme al fratello Francesco. Entrambi hanno scontato una pena per l’aiuto offerto al latitante quasi 30 anni fa. Il fatto che la donna avesse una relazione con Messina Denaro fece cadere l’aggravante di mafia. Lo aveva protetto, è vero, ma solo perché lo amava. I carabinieri sono tornati in questi giorni nella stessa strada in cui nel 1997 fu scoperto il nido d’amore dei due amanti, in una casa di campagna e nella torrefazione che la donna gestisce assieme al fratello. Si portano via computer e telefonini. Non quello di Maria Mesi che dice di non possedere un cellulare: «Uso solo la linea fissa».
LA FEDELTÀ ETERNA
Gli investigatori cercano tracce di contatti con il latitante.
I NUOVI DOCUMENTI
Con le false identità Messina Denaro ci ha sempre saputo fare. Allora come oggi. Nella sua recente latitanza ha avuto almeno cinque alias. Ha sfruttato l’identità del geometra Andrea Bonafede, arrestato per associazione mafiosa una settimana dopo il latitante, e di altre 5 persone tutte di Campobello di Mazara e tutte incensurate. A loro sono intestati i documenti trovati nel covo. Sui cartoncini originali c’è la fototessera del latitante. Si indaga su chi lo abbia aiutato, senza escludere l’aiuto di una pedina interna alla burocrazia municipale. Nel 2015 e nel 2018 sparirono mille carte d’identità in due uffici comunali di Trapani. L’insolita refurtiva fu recuperata. Magari non tutta.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Febbraio 2023, 13:39
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