Flaminia Bolzan: tra pensieri e panchine

Flaminia Bolzan: tra pensieri e panchine

di Flaminia Bolzan

Certi pensieri sono scomodi come quelle panchine mezze rotte nei parchi pubblici. È un dato di fatto. Ma accade praticamente la stessa cosa, ci adagiamo, per modo di dire, lì sopra per una sorta di convenzione. Sporcarsi i pantaloni sull'erba o sulla terra non è un'ipotesi percorribile, quindi ci accontentiamo di poggiare le chiappe su quelle assi di legno sconnesse dove non ci sentiamo a nostro agio. È più o meno quello che accade nella nostra testa quando ci fossilizziamo su qualcosa che non riusciamo a scardinare, nonostante faccia male. Abbiamo paura di aprirci alla diversità? O semplicemente rimaniamo incollati lì perché non siamo in grado di provare altro? Temiamo il lasciar andare? Abbiamo paura di cambiare? Non sono quasi mai queste le domande che mi vengono poste, ma al contrario mi dite dottoressa, non riesco a non pensarci.
Allora oggi parto dalla fine e da un segreto da svelare.

Iniziare con un non equivale per il nostro cervello a focalizzare esattamente ciò che vogliamo negare. Nel caso specifico, il pensiero che genera malessere. Esci dal salotto, siediti sulla scomoda panchina e osserva, non ciò che ti sta intorno, ma quello che hai dentro. Guardalo senza cercare di cacciarlo e prova ad accettarlo. Poi distogli l'attenzione, basta anche solo un attimo. Spostala sull'erba e sulla terra di quel parco. Considera che da un'altra prospettiva, più bassa, non serve giudicare un pensiero è lui che se ne va da solo.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 9 Dicembre 2022, 10:32
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