«Sono il giustiziere dei pedofili»: 20enne disabile adescava uomini più grandi e li seviziava. Con lui altri due complici (uno minorenne)

Avrebbe sequestrato e seviziato un impiegato 50enne all'interno di un casolare in costruzione a Vedelago

«Sono il giustiziere dei pedofili»: 20enne disabile adescava uomini più grandi e li seviziava. Con lui altri due complici (uno minorenne)

di Federica Zaniboni

La sua missione era punire i pedofili. Ispirato da una serie tv, adescava online chi gli sembrava disposto a fare sesso con un minorenne. Poi si vendicava. Così è finito agli arresti domiciliari un ragazzo disabile di vent'anni che, insieme ad altri due giovani, avrebbe sequestrato e seviziato un impiegato 50enne all'interno di un casolare in costruzione a Vedelago (Treviso). L'ipotesi degli investigatori è che ci siano state altre vittime nel mirino del "giustiziere". Nel suo cellulare, infatti, sono stati trovati diversi contatti di uomini più grandi, tutti omosessuali. Il 20enne sarebbe "la mente" dietro al piano, ma oltre a lui sono stati fermati anche un ragazzo di 18anni e un minorenne.

Litiga con la fidanzata, va al bar e finisce a un festino con sesso di gruppo e droga. Poi racconta tutto (ma lei lo denuncia)


LA PISTA DELLA DROGA
I carabinieri credevano di trovarsi davanti a una rete di spaccio di droghe leggere. Da giorni tenevano monitorato lo stabile, dopo avere ricevuto diverse segnalazioni di movimenti sospetti. Molti giovani e giovanissimi erano stati visiti entrare e uscire più volte, ma nessuno poteva certo immaginare ciò che stava accadendo davvero all'interno di quel casolare. È stato proprio durante uno di quei controlli, infatti, che i militari hanno scoperto che un uomo veniva tenuto prigioniero. Il 50enne è stato trovato riverso a terra, imbavagliato con del nastro adesivo e tramortito tramite l'utilizzo di un taser. Secondo quanto ricostruito, sarebbe anche stato picchiato violentemente e minacciato più volte con due coltelli. I rapitori, inoltre, si erano impossessati del suo bancomat e delle chiavi dell'auto, probabilmente per assicurarsi che non avesse modo di fuggire. Nei minuti subito successivi al l'agghiacciante scoperta, si era ipotizzato che dietro al sequestro dell'impiegato vi fosse un movente di natura economica. Il giorno del blitz, infatti, il 18enne era stato trovato con la carta della vittima - della quale era riuscito anche a farsi dare il pin - mentre correva in bicicletta alla ricerca di uno sportello per prelevare contanti.

La verità, però, era ancora più inquietante.


LA RICOSTRUZIONE
Ad avere architettato tutto sarebbe stato il ragazzo di vent'anni, affetto dalla sindrome di Crouzon, una rara patologia genetica che comporta anomalie facciali e del cranio con i conseguenti effetti di tipo psicologico. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, infatti, le malformazioni fisiche che hanno colpito il giovane potrebbero averlo portato a una forte sensazione di emarginazione. Non è da escludere che proprio grazie al ruolo di "giustiziere" che lui stesso si era scelto, trovasse in un qualche modo sollievo dal costante senso di esclusione. Una sorta di "riscatto sociale" per lui, che aspirava soltanto ad essere un benefattore. L'obiettivo era quello di fermare tutti coloro che accettavano di avere rapporti sessuali con ragazzi minorenni, pedofili o presunti tali. Un'idea che sarebbe venuta al giovane tramite una serie televisiva.
Quanto alla vittima, ha spiegato agli investigatori di avere parlato «un paio di volte» con un ragazzo online e che successivamente si erano accordati per un incontro a Vedelago. «Non sapevo di avere a che fare con un minorenne», ha sottolineato.


I REATI CONTESTATI
Nell'inchiesta coordinata dal pubblico ministero di Treviso, Barbara Sabbatini, al 20enne e al 18enne - entrambi finiti agli arresti domiciliari - vengono contestati i reati di sequestro di persona, tentata rapina aggravata e lesioni personali. Per il minorenne, invece, procede la Procura minorile, che gli ha tolto l'accusa del sequestro di persona. L'avvocato Elisa Breton, difensore del "capo" della banda, è intenzionata a effettuare una perizia psichiatrica, con l'obiettivo di dimostrare l'esistenza di una sofferenza mentale dalla quale avrebbero avuto origine i suoi comportamenti. Nel frattempo procedono anche gli accertamenti per risalire a ulteriori eventuali vittime. L'analisi delle chat trovate nei cellulari degli arrestati potrebbero fornire, in questo senso, risposte più precise.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 24 Aprile 2023, 15:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA