Infermiera di Piombino, Fausta Bonino assolta in appello: via l'ergastolo

La corte di appello Firenze l'ha assolto dall'accusa di omicidio plurimo volontario

Infermiera di Piombino, Fausta Bonino assolta in appello: via l'ergastolo

La corte di appello Firenze ha assolto dall'accusa di omicidio plurimo volontario Fausta Bonino, l'infermiera finita a processo per i decessi anomali di 10 pazienti avvenuti nell'ospedale di Piombino (Livorno) tra il 2014 e il 2015. La donna è stata condannata a un anno e mezzo per ricettazione.

In primo grado era stata condannata all'ergastolo per quattro dei dieci decessi contestati. «Ancora non ci credo». Sono queste le prime parole pronunciate dall'infermieradopo la sentenza. La donna, accompagnata dai familiari nel palazzo di giustizia fiorentino, è scoppiata in lacrime alla lettura del dispositivo. «Non potevano accusarmi - ha detto - per delle menzogne dette da qualcuno, non c'era altro».

La difesa: «Assolta grazie alle testimonianze»

Le testimonianze di quattro persone, tra medici e infermieri dell'ospedale di 
Piombino (Livorno), che hanno riferito al processo che l'accesso al reparto dove era in servizio Fausta Bonino fosse possibile anche senza badge di riconoscimento del personale autorizzato, sarebbero state determinanti per la sentenza di assoluzione pronunciata oggi dalla corte di assise di appello di Firenze nei confronti dell'infermiera, condanna in primo grado all'ergastolo. È quanto sostiene il difensore di Fausta Bonino, avvocato Vinicio Nardo. «Io credo - ha spiegato - che la chiave siano state queste testimonianze e sia stata anche l'evidenza di altri elementi che in primo grado erano stati ritenuti certi ma che certi non erano, quindi la catena del ragionamento accusatorio si è spezzata in più punti». «Ci voleva grande professionalità per assolvere Fausta Bonino - ha aggiunto Nardo - e la corte di appello di Firenze ce l'ha avuta». «In questi delitti - ha sottolineato ancora l'avvocato - ci vuole particolare professionalità da parte degli inquirenti perché non bisogna entrare nella cosiddetta visione a tunnel, cioè dare per scontato che alcune parti dei fatti siano accertate perché corrispondono all'imputato.

Bisogna invece sempre avere dei dubbi e fare delle indagini su tutti gli aspetti» che emergono. «Un esempio - ha concluso il difensore - è stato, appunto, quello dell'accesso al reparto: gli inquirenti hanno dato per scontato che l'ingresso al reparto fosse controllato e invece non lo era. E chiaramente questo è un sassolino che può essere diventato una slavina» nel determinare la decisione di assolvere Fausta Bonino. 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 24 Gennaio 2022, 16:00
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