Ferrovia Roma-Pescara, ​lavori in ritardo: a rischio il progetto del Pnrr

Tra le opere impossibili da realizzare entro il 2026 anche la Orte-Falconara

Lavori in ritardo, a rischio la ferrovia Roma-Pescara

di Francesco Malfetano

Tra i tecnici che nei vari ministeri sono da cinque mesi alla ricerca di una quadra sui progetti del Pnrr, le chiamano «opere chimera». Sono quei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che rischiano di non arrivare al collaudo entro il 2026.

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A rischio la ferrovia Roma-Pescara

Progetti ereditati su carta dall’attuale esecutivo che, alla prova dei fatti, potrebbero restare cantieri ben oltre la scadenza, perdendo cioè il finanziamento di Bruxelles. In particolare - allo stato attuale delle interlocuzioni con la Commissione europea - si tratta delle cosiddette «diagonali ferroviarie dell’Appennino». Cioè del raddoppio della tratta Orte-Falconara (è il 90% della Roma-Ancona, e interessa anche a Perugia) e del raddoppio della Roma-Pescara. «Progettazioni complesse», ammette il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi, «su cui siamo molto indietro ed è difficile pensare che si possano realizzare in tempi così brevi». 


Si tratta, né più né meno, dei «progetti impossibili» di cui ha parlato il ministro Raffaele Fitto nei giorni scorsi dopo l’allarmante relazione della Corte dei Conti. Opere che pagano «vizi originari» nella visione di chi le ha immaginate. Per la Orte-Falconara ad esempio, «è difficile capire come sia stato possibile immaginare che, pur completando l’iter burocratico in tempo, si possano riuscire a realizzare sei gallerie entro il 2026» ragiona una fonte tecnica vicinissima al dossier. Per la Roma-Pescara invece, a preoccupare, «sono i dodici viadotti» previsti. Al netto del costo dei materiali decisamente più alto rispetto alla fase di progettazione, il problema è anche che «per opere così complesse non ci sono tantissime aziende in grado di farle», per di più «in contemporanea lungo tutta la Penisola». Opposizioni ragionevoli che però, è inevitabile notare, arrivano da un ministero gestito quasi per intero dalla Lega e nei confronti di Regioni - Abruzzo e Marche - presiedute dagli “alleati rivali” di Fratelli d’Italia. 


In ogni caso il ministro Fitto sta trattando con la Commissione europea per provare a spostare su queste infrastrutture a rischio i finanziamenti per la coesione (con scadenza 2029), puntando le fiches del Pnrr su obiettivi più alla portata di mano. In linea con quanto dichiarato da Matteo Salvini durante il suo colloquio con il Messaggero di ieri («Spenderemo fino all’ultimo euro del Pnrr»), al ministero delle Infrastrutture ad esempio, ritengono che alcune di queste linee di credito potrebbero agevolmente essere dirottate sulle Ferrovie. 
«Stiamo pensando di rinnovare la flotta intercity, una delle più vecchie d’Europa - spiega Rixi -.

Nel 2026 potremmo avere treni nuovi, più performanti e in linea con il Pnrr, senza sforare i tempi». Anche perché, ragiona il sottosegretario, «o troviamo soluzioni semplici a problemi complessi o si rischiano delle incompiute».Restando alle Infrastrutture, tra gli obiettivi difficili da centrare c’è anche chi iscrive la progettazione e la realizzazione su tutto il territorio italiano dell’Ertms (European rail transport management system), il più evoluto sistema per la supervisione e il controllo del distanziamento dei treni e dei sistemi ad esso correlati. Un appalto che interessa 4.220 chilometri di binari, aggiudicato a Rete ferroviaria Italiana (Rfi, gruppo Fs Italiane), che però oggi potrebbe trasformarsi in un traguardo non raggiunto. Il motivo? Oltre ai prezzi schizzati alle stelle, ci sono grossi problemi nell’approvvigionamento dei materiali necessari, in particolare dalla Cina. Si tratta di circa 2,7 miliardi di euro, più o meno la stessa cifra che Salvini giura sarebbe sufficiente a finanziare una serie di progetti - già validati ma per ora senza fondi - relativi al rinnovamento della rete idrica italiana. 


I PROGETTI
A trovarsi in situazione di questo tipo, ovvero in attesa di una necessaria flessibilità da parte di Bruxelles, è però anche il ministero dell’Agricoltura. I tecnici del ministro Francesco Lollobrigida infatti, lamentano di aver ereditato «l’obbligo di incentivare l’acquisto di trattori a zero emissioni». Peccato che, ad oggi, questi siano «sperimentali» e «praticamente inesistenti sul mercato». Un’altra missione impossibile per cui ci si ingegna come si può. Ovvero, spiegano, l’idea è provare a utilizzare questi fondi per altri macchinari di precisione innovativi (ad esempio per una più oculata gestione dell’irrigazione), finanziando poi con risorse “autonome” l’acquisto di trattori Stage V, che seppure non hanno emissioni nulle ma “solo” ridotte, sono quantomeno disponibili sul mercato. Non solo. Il lavorìo di miglioramento dei progetti in corso, spiega Rixi, comprende anche «la ripulitura delle coperture finanziarie», cioè una riorganizzazione delle linee di finanziamento delle opere. Molte sono state finanziate con fondi diversi, infatti, e qualora si inceppasse l’iter di una di queste, l’obiettivo rimarrebbe fermo al palo. Un esempio è proprio la Roma-Pescara. Le due subtratte prioritarie che vanno realizzate entro il 2026, Roma-Avezzano e Sulmona-Chieti, hanno un costo complessivo di 720 milioni di euro, di cui 620,17 milioni finanziati dal Pnrr e 99,83 milioni dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione.
 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 31 Marzo 2023, 09:43
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