Lockdown, da Terni a Catania proteste in piazza contro il Dpcm: «Così moriremo di fame». Sit-in a Milano «ma senza infiltrati»

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Non solo Napoli. Ieri sera le proteste contro il Dpcm e il semi lockdown si sono registrate in altre città italiane, da Terni a Salerno fino a Catania. Attimi di tensione, ma anche cori civili per manifestare il proprio dissenso contro i nuovi provvedimenti del Governo che impongono le chiusure di bar, ristoranti, palestre, piscine, teatri e cinema.

Salerno

Manifestazione con corteo nelle strade del centro cittadino. Nel corso del corte, alcuni manifestanti hanno bloccato la circolazione delle auto in via Roma, sedendosi in strada. Il corteo ha raggiunto piazza Portanova. Molti i cori contro il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, esplosi anche diversi petardi e rovesciati alcuni cassonetti. Alcune decine di manifestanti hanno cercato di raggiungere l'abitazione del governatore De Luca, azione impedita dalla presenza delle forze dell'ordine in assetto antisommossa che hanno blindato l'area.

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Catania

Momenti di tensione nella tarda serata di ieri a Catania. Due bombe carta sono stata lanciate davanti la sede della Prefettura di Catania, durante un protesta contro le chiusure disposte dall'ultimo Dpcm per contenere la diffusione del Covid-19. Le deflagrazioni non hanno causato alcun ferito, ma hanno fatto scattare uno scontro tra le varie anime dei manifestanti, poi rientrato. Nessun contatto tra loro e le forse dell'ordine. L'iniziativa era stata preannunciata da una campagna anonima promossa da giorni sui social network da un anonimo e all'appuntamento si sono presentati in diverse centinaia di persone.

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Terni

Diverse centinaia di persone hanno manifestato ieri sera. Tra loro titolari e lavoratori di palestre e scuole di danza, per i quali il decreto prevede la chiusura totale, e di bar e ristoranti, che dovranno invece abbassare le saracinesche alle 18. I manifestanti - come riportano oggi anche alcuni giornali locali - si sono ritrovati spontaneamente a piazza Tacito e poi (in modo pacifico e quasi tutti con le mascherine in volto) si sono spostati in corteo verso la sede del Comune, attraversando il corso principale della città. «La gente muore di fame, non ci sono aiuti - ha detto uno di loro guidando la protesta -. Scendere in strada è importante, farlo tra due, cinque, dieci giorni sarebbe troppo tardi, vorrebbe dire accettare il decreto». «Libertà, libertà» il grido che si è alzato più volte in coro dai manifestanti, che hanno anche intonato l'Inno d'Italia. Tra le proposte avanzate quella dello «sciopero fiscale», ma c'è stato anche chi, tra coloro che lavorano in bar o ristoranti, ha ipotizzato, di lasciare comunque aperto al pubblico il locale anche dopo le 18, contravvenendo alle norme. «Ci stanno togliendo la dignità del lavoro» è stata la testimonianza di Alessandro Cartoni, titolare di un ristorante e di un bar. «A causa del lockdown - ha spiegato - ho perso 32 mila euro, pagati di tasca mia, finora non ho visto nulla di quanto era stato promesso allora dal governo.

In altri Paesi non è così, la situazione è insostenibile». «Chiudere significa mettere in ginocchio tante realtà, oltre che bloccare l'attività periodica che tanti ragazzi amano» ha sottolineato Leonardo Carletti, istruttore di arti marziali miste. «Il Covid non è nelle palestre, i dati parlano chiaro - ha aggiunto -. Le percentuali di contagio sono pressoché pari a zero, in questi mesi ci siamo impegnati tantissimo nella responsabilizzazione del rispetto delle norme».

Milano

I ristoratori di Milano si sono dati appuntamento alle 15 davanti alla prefettura per manifestare contro le norme del nuovo Dpcm e la chiusura dei locali alle 18. «Ieri il premier Conte ha ricevuto dei ristoratori a Roma. Ci auguriamo che il prefetto ascolti le nostre istanze anche perché ogni territorio ha le proprie esigenze e i propri costi: non servono ristori se questi soldi devono essere girati poco dopo allo Stato per pagare le tasse o le cartelle esattoriali», spiega all'Adnkronos Alfredo Zini, socio del ristoratore Al Tronco di Milano e presidente del Club Imprese Storiche di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza. Con loro, nella protesta spontanea organizzata via chat Whatsapp e Telegram, protesteranno tutti i titolari di pub, bar, locali notturni, gelaterie. «È una protesta trasversale, di tutto il pubblico esercizio». Il timore, però, è che al sit-in si uniscano infiltrati e frange estremiste che, approfittando del momento, possano creare disordini come quelli visti in altre città italiane. «Gira in alcuni ambienti a Milano la voglia di fare casino, il rischio c'è per quello che sta accadendo. Noi ci stiamo attrezzando perché si possa garantire il diritto di protestare in maniera civile», spiega ancora Zini. Tra gli imprenditori di Milano, «l'umore è pessimo», spiega Zini. «Come settore, siamo destinati a perdere in media tra l'85% e il 90% del fatturato: i locali che aprono alle 18 sono in totale lockdown, e chi è aperto dalla mattina comunque perderà le pause pranzo perché i cittadini stanno tornando tutti in smart working. Sarà una moria». Per i ristoratori, «forse sarebbe bastato continuare a far rispettare le regole sul distanziamento, chiudendo alle 23». Ancora un volta, «si favorisce la grande distribuzione e il negozio di vicinato». Zini avverte il Governo: «Deve guardare alla media e lunga scadenza. Non si possono dare 500 euro una tantum, fino al 2021 saremo in una situazione grave e alcune ricerche dicono che almeno per cinque anni non riusciremo a tornare ai numeri pre-Covid».

 

Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Ottobre 2020, 14:33
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