Niente partite di calcio, basket e volley (in tutte le loro declinazioni) a livello amatoriale. Per intenderci sono vietate le sfide tra amici. Ma il nuovo Dpcm ha esteso i divieti ai campionati a livello provinciale di cui fanno parte anche alcune giovanili. Cosa significa? Proseguono i campionati nazionali (ad esempio, la Serie D del calcio) e quelli regionali (eccellenza, promozione, prima categoria, restano dei dubbi a livello interpretativo sulla seconda categoria). Ma i ragazzi che giocano nelle giovanili dovranno fermarsi. Le tante polisportive che organizzano tornei, di qualunque sport, devono interromperli, perché le competizioni a livello provinciale sono vietate. Società e associazioni sportive ed enti di promozione potranno però proseguire gli allenamenti degli sport di squadra ma solo in forma individuale, come le squadre di serie A all'inizio della fase due. Per fare un esempio come sottolinea il Ministro dello Sport Spadafora: «La squadra di una scuola calcio di giovanissimi o pulcini potrà continuare ad allenarsi, ma senza giocare partite». Paradosso potranno farlo però nei parchi dove i controlli sono decisamente inferiori.
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I NUMERI
Il nuovo Dpcm, dopo l'intervento del Ministro Spadafora, ha salvato di fatto i dilettanti. Una galassia sterminata che abbraccia circa 20 milioni di praticanti, 5 milioni quelli tesserati. Un milione(di cui circa 350 mila impegnati nell'attività di Settore Giovanile e Scolastico) gioca a calcio. Numeri alla mano in Italia nel 2019 si contano oltre 12 mila società di cui oltre 7 mila con le vere e proprie scuole calcio, con rette annuali che variano da 300 a 900 euro e possono garantire un movimento economico a molti zeri. Si parla di più di 64 mila squadre per un totale di oltre mezzo milione di partite ufficiali disputate. Ma c'è di più perché dal 2017 al 2019 724 calciatori tra i 15 e i 21 anni formati da società dilettantistiche sono riusciti ad accedere al calcio professionistico.
RICHIESTA DI CHIARIMENTI
Nella serata di ieri c'è stato un lungo faccia a faccia tra il ministro Spadafora, i vertici dei principali organismi sportivi, a partire dal presidente del Coni, Malagò. Una riunione per comprendere al meglio le misure, chiedere chiarimenti e intervenire tempestivamente onde evitare ulteriori giri di vite. Domenica sera subito dopo le parole di Conte in pochi avevano chiaro cosa intendesse il premier con «stop alle competizioni dello sport di base per le discipline di contatto». Ora il quadro è decisamente più limpido. «Se ci fossero state evidenze scientifiche sarei stato il primo a chiedere la chiusura delle attività sportive - ha sottolineato il ministro -, ma così non è e quindi possono continuare le gare e le competizioni a livello di professionisti ma anche nel dilettantismo a livello nazionale e regionale. La situazione potrà cambiare se dovesse peggiorare la situazione del Paese». Ecco perché nella discussione sono tornati in ballo i protocolli. In particolare si è parlato di rivedere alcune parti di essi. Per ora si va avanti a metà. Ma come sempre sarà decisiva la curva dei contagi.
Ultimo aggiornamento: Martedì 20 Ottobre 2020, 10:01
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