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Morandi rilevava infatti i primi effetti dell’inquinamento e della salsedine sul ponte, lanciando l’allarme corrosione, riporta il quotidiano La Verità. «La struttura viene aggredita dai venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto - si legge ancora nella relazione - Si crea così un’atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria e si satura di vapori altamente nocivi».
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Morandi accennava anche ad alcune piastre che «sono state letteralmente corrose in poco più di cinque anni (nel ’72, ndr)» e «hanno dovuto essere sostituite con elementi in acciaio inox». «Le superfici esterne delle strutture, ma soprattutto quelle esposte verso il mare, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica», segnalava l’ingegnere. Insomma, quanto accaduto lo scorso 14 agosto era stato ampiamente previsto proprio da chi aveva progettato e fatto costruire il viadotto: non si poteva davvero fare nulla per prevenire questa tragedia e salvare quelle 35 vite?
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Ultimo aggiornamento: Domenica 19 Agosto 2018, 16:29
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