La pandemia di coronavirus ha messo in ginocchio, tra gli altri, in particolare il settore del turismo. Un anno e mezzo di restrizioni hanno davvero mandato in difficoltà tutto l'indotto, dagli hotel alle compagnie aeree, e la situazione non sembra poter migliorare nei prossimi mesi, specie per i viaggi fuori dall'Europa: e un grido di allarme viene da un gruppo di oltre cento tour operator italiani, specializzati proprio in turismo extra UE, che si sono uniti per condurre una serie di iniziative e dare voce ad un comparto ancora più ampio e profondamente in crisi
«I viaggi per turismo verso destinazioni extra UE non verranno aperti nell’immediato - si legge in una nota ufficiale congiunta - Se tutto va bene, se ne riparlerà in autunno ma la sensazione è che si vada avanti fino alla fine dell’anno, vista l’incidenza della variante Delta che incute timore e getta un’ulteriore ombra sul settore. E non solo». Gli operatori puntano il dito e cercano di farsi ascoltare dal governo: il turismo, affermano, «è ripartito sul territorio nazionale per determinate località e realtà. Sono ripartite le prenotazioni su Airbnb o Booking che, teniamolo bene a mente, sono gruppi che pagano le tasse all’estero e NON in Italia, quindi al nostro Paese lasciano nulla!».
«Sicuramente alcune strutture ricettive italiane, i ristoranti o i locali all’aperto sono tornati al lavoro e molti di loro sono sold-out per la prossima estate ma questo NON significa che il turismo si sia ripreso – spiega Alessandro Simonetti, titolare di World Explorer e tra i numerosi nomi del gruppo – Il comparto turistico riprenderà seriamente a fatturare quando torneranno i viaggi organizzati e intermediati, non certo a fronte del il fai-da-te attuale. Sono 16 mesi, dall’11 marzo 2020 precisamente, che non lavoriamo e non facciamo una pratica. Ed è bene spiegarla chiaramente questa cosa».
«Chi va fuori dall'UE lo fa violando la legge attuale»
«Chi sta andando alle Maldive, in Messico o ai Caraibi lo sta facendo contravvenendo alle disposizioni ministeriali, rischiando di proprio e assolutamente fuori dalla normativa attuale - spiega ancora il gruppo di decine e decine di tour operator - I viaggi consentiti sono solo quelli realizzati in ambito UE, verso gli Stati parte dell’accordo di Schengen, Regno Unito e Irlanda del Nord, poi, ancora, Andorra e Principato di Monaco e Israele. A questi, uniamo un numero di Paesi di Fascia D: Ruanda, Repubblica di Corea, Giappone, Singapore, Thailandia Canada, Stati Uniti d’America Australia, Nuova Zelanda, fermo restando che gran parte di questi sono tutt’ora chiusi ai flussi turistici, vedi Australia o USA».
«Chi parte per turismo verso mete lungo raggio, lo fa eludendo la legge, contando sulle maglie molto larghe e spesso inesistenti dei controlli aeroportuali», spiega il comunicato. «Ma si tratta di rischi che gli operatori NON possono e NON vogliono prendersi. “Stiamo rifiutando pratiche importanti proprio per attenerci alle disposizioni che vengono dal ministero della Salute e dell’Interno ma adesso siamo arrivati alla fine”, conferma Simonetti.
Insafari: «Presto ci chiederanno rimborsi, nuovi fondi subito»
«Permanendo il divieto di uscire per turismo dall’Unione Europea, i nostri clienti difficilmente potranno utilizzare i voucher entro la data di scadenza, pertanto – prosegue Emanuela Paoletti, di Insafari, – entro pochi mesi dovremo iniziare a rimborsarli, pur senza avere ricevuto risarcimenti dai fornitori locali. Con quanto ottenuto dalle prime recovery abbiamo sin qui garantito la sopravvivenza delle nostre aziende. Chi di noi è riuscito ad avanzare qualcosa lo dovrà utilizzare per iniziare a risarcire i clienti. Ormai, è da più di un anno che non percepiamo uno stipendio e abbiamo dovuto tenere a casa i nostri staff. Non possiamo continuare così».
«Quindi, alla luce del fatto che ormai è chiara la posizione del Governo in merito alle frontiere che non saranno riaperte a breve, chiediamo a gran voce e con fermezza che vengano stanziati per il settore nuovi fondi a sostegno della categoria perché si possa continuare a vivere - aggiunge ancora Paoletti - Chi si sta unendo al nostro gruppo di operatori è portavoce di centinaia di altre realtà simili alla nostra, che non lavorano ormai da 16 mesi e che si trovano sull’orlo dell’abisso, anche perché in tanti non hanno ancora ricevuto i fondi relativi al febbraio-luglio 2020. Premetto, noi vogliamo tornare a lavorare e non avere aiuti in eterno. Ma, visto che NON possiamo ancora farlo, non ci resta che chiedere aiuto perché a rischio ci sono migliaia di posti di lavoro di un comparto che NON è assolutamente ripartito! Cerchiamo di essere chiari e onesti su questo punto!».
Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Luglio 2021, 15:59
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