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Sono anticorpi monoclonali, ossia anticorpi identici fra loro perché, dopo essere stati isolati nel sangue dei pazienti, sono stati clonati. I risultati positivi finora osservati negli animali, in particolare nei criceti, dimostrano che gli anticorpi riescono a neutralizzare il nuovo coronavirus, impedendogli di legarsi alle serrature molecolari che utilizza per entrare nelle cellule.
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Il risultato è un nuovo e importante capitolo della ricerca che punta a utilizzare gli anticorpi monoclonali come farmaci e che anche in Italia ha ottenuto risultati interessanti sia con il gruppo di Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&D della Gsk vaccine, che sta lavorando su un anticorpo monoclonale derivato dal sangue dei pazienti; sia con il gruppo di Giuseppe Novelli, che ha ottenuto i primi anticorpi monoclonali sintetici nell'ambito ricerca guidata dall'università canadese di Toronto e alla quale l'Italia partecipa anche con l'Università di Torino e con gli istituti Spallanzani e Neuromed.
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Per Novelli gli anticorpi monoclonali «sono un'arma promettente e intelligente, la migliore al momento disponibile». Negli Stati Uniti l'azienda Eli Lilly ha promosso i test sull'uomo dell'anticorpo monoclonale derivato dal plasma di persone guarite e sviluppato dall'azienda AbCellera e dal Niaid. Sono segnali chiari di come la via degli anticorpi sia davvero ricca di promesse e la scoperta del gruppo di Daviid Ho lo conferma pienamente. Avere a disposizione degli anticorpi anti-Covid è «importantissimo, soprattutto in attesa che arrivi il vaccino» e per «gestire i focolai», ha detto osservato Novelli.
I super anticorpi sono stati sperimentati finora nei criceti, nei quali hanno dimostrato sia di neutralizzare il nuovo coronavirus, sia di dare una protezione. Adesso, scrivono i ricercatori, si stanno pianificando i test su altri animali e sull'uomo. C'è ottimismo sui tempi perché l'iter che autorizza l'uso clinico di queste sostanze è più breve rispetto a quello necessario per i farmaci tradizionali.
Una ragione di più per la corsa contro il tempo in corso nel laboratorio della Columbia University: «la maggior parte del mio gruppo di ricerca - ha detto Ho - fin dai primi di marzo sta lavorando non stop 24 ore al giorno per sette giorni su sette ». Uno dei risultati maggiori finora ottenuti è stata la dimostrazione che, nei pazienti, la produzione degli anticorpi è varia per quantità e qualità, confermando quanto ancora poco si sappia sulla reazione del sistema immunitario a questo virus, capace di non dare alcun sintomo e di portare alla terapia intensiva.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Luglio 2020, 18:43
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