A più di 80 anni dalla scoperta della Grotta Guattari a San Felice Circeo (LT), una ricerca della Soprintendenza archeologica di Frosinone e Latina in collaborazione con l'Università di Tor Vergata ha portato alla scoperta di reperti fossili «attribuibili a 9 individui di uomo di Neanderthal». Lo annuncia il ministro della Cultura Franceschini, che sottolinea: «Un ritrovamento eccezionale che arricchisce le ricerche sul tema». Emersi anche resti di iena, rinoceronte, elefante, cervo gigante, dell'orso delle caverne e di altri animali.
Le indagini, ancora in corso, sono cominciate nell'autunno del 2020 nell'ambito di una operazione di messa in sicurezza della grotta Guattari, che prende il nome dal suo scopritore, proprietario del terreno su cui insiste il sito e dove nel febbraio del 1939 fu rinvenuto un primo cranio. Già all'epoca, grazie agli studi del paleontologo Alberto Carlo Blanc, si era compresa immediatamente la grandissima rilevanza di questo sito, classificato come uno dei più importanti del paleolitico medio europeo.
«Un ambiente assolutamente unico», spiega Mario Rolfo, docente di archeologia preistorica dell'Università di Tor Vergata, perché un crollo, forse dovuto ad un terremoto, ne chiuse l'ingresso circa 60 mila anni fa. Al suo interno, stratificata nel tempo, una straordinaria banca dati di elementi fossili, resti di vegetali, di umani e anche di animali dei quali non si conosceva la presenza in queste zone, elementi che secondo i ricercatori permetteranno ora di ricostruire la storia di tutto il Circeo e della pianura pontina, luoghi che l'uomo di Neanderthal ha frequentato per un arco di tempo che va da 300mila ad almeno 50mila anni fa. E questo, sottolinea Francesco Di Mario, funzionario archeologo della soprintendenza e direttore dello scavo , «grazie anche alle tecnologie attuali, di cui gli studiosi di metà Novecento non potevano assolutamente disporre».
La nuova indagine si è estesa in particolare ad un'area della grotta che non era stata toccata nemmeno dal lavoro di Blanc. Si tratta della zona detta «del laghetto», perché da ottobre ad aprile viene allagata dalla falda sottostante.
Le indagini coinvolgono studiosi di diversi enti di ricerca: INGV, CNR/IGAG, Università di Pisa, Università di Roma La Sapienza. L'obiettivo, spiegano, è ricostruire il quadro paleoecologico della pianura Pontina tra i 125mila e i circa 50mila anni fa, quando quelli che sono sempre stati indicati come 'cuginì dell'homo sapiens - misteriosamente estinti all'incirca nel 26.000 a.C. - frequentavano il territorio laziale. Scavi e indagini sono stati estesi anche all'esterno della grotta dove sono state individuate stratigrafie e paleosuperfici di frequentazione databili tra i 60mila e i 125mila anni fa che testimoniano i momenti di vita dell'uomo di Neanderthal, i luoghi dove stazionava e dove, accendendo il fuoco, si cibava delle proprie prede. Il ritrovamento di carbone e ossa animali combuste, spiegano i ricercatori, autorizza a ipotizzare la presenza di un focolare strutturato. «Una scoperta che permetterà di gettare una luce importante sulla storia del popolamento dell'Italia - fa notare Mario Rubini, direttore del servizio di antropologia della SABAP per le province di Frosinone e Latina -. L'uomo di Neanderthal è una tappa fondamentale dell'evoluzione umana, rappresenta il vertice di una specie ed è la prima società umana di cui possiamo parlare».
Ultimo aggiornamento: Domenica 9 Maggio 2021, 14:24
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