Unabomber, si riapre il caso: «Trovato un capello nell'uovo inesploso nel 2000». Il giallo della camicia a fiori

Protagonista della vicenda è un giornalista, Marco Maisano, che ha chiesto ai pm di visionare la grande quantità di reperti raccolti sulla vicenda

Unabomber, si riapre il caso: «Trovato un capello nell'uovo inesploso nel 2000». Il giallo della camicia a fiori

Si riapre il caso di Unabombertutto è partito da un'inchiesta per un podcast, e ora si potrebbe riprendere la corsa alla ricerca dell'uomo che due decenni fa terrorizzò l'Italia. Protagonista della vicenda è un giornalista, Marco Maisano, autore e conduttore televisivo, che ha chiesto al Procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolò di visionare la grande quantità di reperti raccolti negli anni sulla vicenda.

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E lui avrebbe trovato il cosiddetto pelo nell'uovo: non si tratta però di un modo di dire, ma di quello che è accaduto davvero, perché Maisano, in un uovo inesploso il 3 novembre 2000 al supermercato Continente di Portogruaro, ha trovato proprio un capello. E a quel punto ha chiesto alla Procura di analizzarlo, così come altro materiale, alla luce delle nuove tecnologie. Maisano sta lavorando a una serie di podcast per OnePodcast (iniziativa audio del gruppo Gedi lanciata a inizio 2022) insieme a due donne vittime di Unabomber. Il magistrato, se lo ritenesse opportuno, potrebbe a questo punto chiedere al Gip la riapertura delle indagini.

Il capello nell'uovo: cosa accadde nel 2000

Nel 2000 un uomo di Azzano X (Pordenone) acquistò una confezione di uova al Continente di Portogruaro ma, una volta a casa, notò che da una delle uova usciva uno strano filo, e consegnò l'intera confezione ai Carabinieri. All'uomo era collegata una carica esplosiva; furono recuperati un capello e saliva. La richiesta è di rianalizzare oggi, alla luce dei progressi tecnologici, quei reperti, come ad esempio la banca dati del Dna in Italia, istituita proprio nei mesi in cui lo Stato archiviava l'inchiesta a carico del sospettato principale dell'epoca, l'ingegner Elvo Zornitta di Azzano Decimo.

Francesca: «Me lo ricordo bene»

A chiedere la riapertura delle indagini c'è anche Francesca Girardi, di 28 anni, che nel 2003, quando aveva 9 anni, giocando con un amichetto sul greto del Piave, raccolse un evidenziatore giallo che gli esplose in faccia.

A svolgere le indagini negli si sono succeduti centinaia di investigatori, coordinati alternativamente da più procure: Pordenone, Udine, Treviso, Venezia e Trieste. Francesca torna a dirsi sicura che quel giorno vi fosse sulla 'scena' dell'attentato anche il dinamitardo rimasto senza nome. «Ce l'ho impresso nella memoria da vent'anni - dice al Corriere Veneto la donna, oggi 28enne - Era brizzolato, con i capelli corti, gli occhiali e una camicia colorata, floreale, tipo quelle hawaiane. Mia madre si era accorta che un estraneo girava da quelle parti. Lui era lì, ci guardava giocare e ha scelto proprio noi».

Una testimonianza - l'attentato risale al 25 aprile 2003 - che oggi la giovane conserva ancora chiarissima, e che fu già affidata all'epoca alle indagini dei Carabinieri. «Sì, ho riferito subito di averlo visto sul luogo dell'esplosione, ma ero una bambina di 9 anni e mi era appena successa una cosa terribile, non mi sentivo molto sicura. Da grande però ho rielaborato l'accaduto e a ferirmi profondamente è stata proprio la consapevolezza che non si è trattato di un incidente o di una disgrazia, ma di un atto voluto». Francesca Girardi nell'esplosione del pennarello-bomba raccolto da terra riportò gravi lesioni ad un occhio e la perdita della mano destra. La donna ha preso parte al docufilm «Unabomber», trasmesso giovedì sera su Rai2, e da lì ha rilanciato il suo appello a riaprire le indagini. 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Ottobre 2022, 10:37
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