Funivia Mottarone. Sulla linea i freni di emergenza potrebbero essere stati bloccati già da anni? Il dubbio è sollevato da alcuni video girati dal 2014 al 2018 da uno svizzero, il quale ha inviato il materiale all'emittente tv tedesca ZDF, dopo l'incidente. In queste immagini sono visibili i cosiddetti «forchettoni», che bloccano i freni di emergenza.
Lo spiega la tv in un comunicato, riferendo delle immagini del videoamatore Michael Meier che per interessi di tipo tecnico filmò la funivia del Mottarone tre volte: nel 2014, nel 2016 e nel 2018. Le registrazioni sono state inviate alla procura di Verbania.
LA RICOSTRUZIONE - Dopo l'incidente accaduto nella domenica di Pentecoste, Maier ha riguardato il materiale dell'epoca: «Mi sono accorto che anche in queste immagini questi forchettoni già si vedono. Già nel 2014 questi forchettoni erano usati con persone a bordo della cabina», ha affermato alla ZDF. La tv tedesca manderà in onda un servizio a riguardo stasera, nell'ambito della trasmissione Frontal 21.
Nach dem schweren #Seilbahn-Unglück im norditalienischen #Stresa konzentrieren sich die Ermittler weiter auf die Ursache für den Absturz. Dem ZDF liegen exklusiv neue Hinweise auf Manipulationen an der Gondel vor - und zwar wohl über mehrere Jahre hinweg. pic.twitter.com/Azixa84bTl
— ZDFheute (@ZDFheute) June 1, 2021
L'INDAGINE - Intanto sarà determinante per il lavoro del consulente della Procura di Verbania analizzare la parte alta della cabina 3, dove era agganciata la fune traente che spezzandosi, probabilmente all'altezza della cosiddetta "testa fusa", dove il cavo è collegato al carrello, ha causato il disastro della funivia del Mottarone con 14 morti. Per questo l'ingegnere del Politecnico di Torino, Giorgio Chiandussi, ha fatto presente oggi in un incontro con inquirenti e investigatori che è necessario un altro sopralluogo, alle pendici della montagna, per studiare il modo di rimuovere la cabina. E dato che l'attività di rimozione rientra tra gli accertamenti irripetibili, da effettuare coinvolgendo tutte le parti, anche i familiari delle vittime coi legali e gli eventuali consulenti, è imminente la fase delle nuove informazioni di garanzia in vista delle analisi tecniche alla ricerca delle cause della tragedia. Avvisi che potrebbero estendere di molto il campo degli indagati, tirando dentro altri operatori della funivia e manutentori, ditte comprese.
INDAGATI - Nomi che si andranno ad aggiungere a Gabriele Tadini, caposervizio ai domiciliari che ha ammesso di aver dato «l'ordine» di non rimuovere i forchettoni che disattivavano i freni, al gestore Luigi Nerini e al direttore di esercizio Enrico Perocchio, questi ultimi tornati liberi sabato. Entrando negli uffici giudiziari mentre era in corso il vertice tra il consulente e gli inquirenti, il gip Donatella Banci Buonamici ha chiarito ciò che già aveva messo nero su bianco: «Ho osservato che non sussisteva il pericolo di fuga, non esisteva per le motivazioni che ho scritto, non ho ritenuto per due persone la sussistenza dei gravi indizi, non perché non abbia creduto a uno (ossia a Tadini, ndr), perché ho ritenuto non riscontrata la chiamata in correità, che deve essere dettagliata, questa non lo era ed era smentita da altre risultanze».
LA TESTIMONIANZA - Oggi è tornato a parlare, dopo averlo fatto coi pm da teste, anche Emanuele Rossi, uno degli operai in servizio quel 23 maggio assieme a Fabrizio Coppi, colui che «su autorizzazione» di Tadini non rimosse i ceppi e l'unico tra i testimoni che, come il caposervizio, tira in ballo Nerini e Perocchio. «Noi operai - ha detto Rossi - siamo convinti che non c'entriamo nulla, dicono che ci dovevamo rifiutare di mettere i ceppi, ma noi prendiamo ordini dal caposervizio e nessuno si aspettava un pericolo del genere».
Ultimo aggiornamento: Martedì 1 Giugno 2021, 21:12
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