Stefano Leo, il killer tre anni fa fu condannato per maltrattamenti: «Pugni, calci e sputi alla ex compagna»

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Non era un angioletto nemmeno in casa Said Mechaquat, l’italo-marocchino 27enne che lo scorso 23 febbraio ha ucciso Stefano Leo ai Murazzi, a Torino, con una coltellata alla gola. Secondo quanto riporta La Stampa, Mechaquat era stato condannato tre anni fa per maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della ex compagna, una italiana di nome Ambra: quest’ultima era stata ridotta, secondo le parole della pubblica accusa, in uno stato di succubanza e colpita con calci pugni e sputi.

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Said era stato condannato in primo grado ad un anno e sei mesi senza sospensione della pena, ma non era ancora stata fissata la data per il processo d’appello: il giovane avrebbe ammesso lui stesso di aver minacciato e picchiato l’ex compagna almeno tre volte al mese, in un contesto di nasi sanguinanti, fughe e riappacificazioni, scrivevano i giudici nella sentenza.

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I due sono stati insieme tre anni e hanno avuto anche un bambino: conosciutisi nel 2011, dopo alcuni mesi a Ibiza erano andati a vivere insieme in un appartamento in affitto. Ci amavamo molto ma litigavamo spesso, il racconto di lei. Poi iniziarono i maltrattamenti, gli scatti d’ira e le devastazioni all’appartamento: per ben sei volte la polizia intervenne su richiesta dei vicini.
Said venne poi arrestato a novembre 2013 dopo che Ambra fu trovata dalla polizia ferita e seminuda in strada col bimbo in braccio: dopo un breve riappacificarsi, le violenze tornarono e la storia d’amore finì in tribunale.

 
 

SAID RESTA IN CARCERE Per quanto riguarda invece l'omicidio di Stefano Leo, il gip di Torino Silvia Carosio sostiene che c'è un «grave quadro indiziario» nei confronti di Said Mechaquat: il gip ha convalidato il suo arresto, disponendone la custodia cautelare in carcere. «Le dichiarazioni ampiamente confessorie dell'indagato non solo paiono estremamente dettagliate e ricche di elementi non rinvenibili altrove, ma sono state rese in modo conforme» a due testimonianze e ai filmati della videosorveglianza acquisiti dai carabinieri nel corso dell'inchiesta. Inoltre «non si rinvengono dagli atti né elementi che possano spiegare un'eventuale autocalunnia, né tantomeno elementi che depongano per una instabilità psichica».

Mechaquat, scrive il giudice, «ha dimostrato al contrario una fredda lucidità ed una integra capacità di ricordo». Per il gip sussistono il pericolo di fuga, il rischio di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, perché Mechaquat ha «una personalità dotata di una elevatissima attitudine aggressiva priva di freni inibitori e capace di manifestazioni di improvvisa ed incontrollabile violenza nel totale dispregio delle più comuni regole della convivenza civile - conclude - e nell'assoluta indifferenza al valore del rispetto della persona umana».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Aprile 2019, 12:02
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