Fino a 350 euro al mese restituiti al datore di lavoro dalla busta paga dei lavoratori: imprenditore condannato per estorsione

L'imprenditore avrebbe costretto le guardie giurate a restituire parte degli importi dichiarati in busta paga

Fino a 350 euro al mese restituiti al datore di lavoro dalla busta paga dei lavoratori: imprenditore condannato per estorsione

di Pierangelo Tempesta

Avrebbe costretto le guardie giurate a restituire parte degli importi dichiarati in busta paga. Un imprenditore di Casarano (Lecce) di 72 anni, titolare di un istituto di vigilanza, è stato condannato in primo grado a quattro anni e sei mesi di reclusione e al risarcimento dei danni.

L’imprenditore era accusato di aver adibito a servizio di vigilanza di beni mobili e immobili cinque guardie giurate prive del decreto prefettizio previsto dalla legge. Reato, questo, che si sarebbe consumato in più occasioni tra il 2017 e il 2018.

L’accusa più grave, però, è un’altra: il 72enne ha dovuto rispondere dei reati di estorsione e di tentata estorsione nei confronti di quattro dipendenti.

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L'accusa

Secondo l’accusa, mediante un’esplicita minaccia di licenziamento, avrebbe costretto due lavoratori a restituire mensilmente le somme di denaro eccedenti l’importo di 900 euro rispetto alla retribuzione che figurava in busta paga.

Per il primo lavoratore, che avrebbe subìto questo trattamento dall’aprile al dicembre del 2016, gli importi da restituire andavano dai 200 ai 350 euro mensili. Sempre lo stesso dipendente, inoltre, da dicembre 2016 a febbraio 2018 sarebbe stato costretto - ancora una volta sotto minaccia di licenziamento in caso di proteste o rivendicazioni salariali - ad accettare una retribuzione inferiore rispetto alle ore di lavoro effettivamente prestate. 

Numero inferiore di ore di lavoro

Per far quadrare i conti, in busta paga l’imprenditore avrebbe fatto figurare un numero di ore lavorate inferiore rispetto a quello reale: un modo per far coincidere gli importi degli assegni emessi con le ore dichiarate.

Un altro dipendente sarebbe stato costretto a restituire le eccedenze da maggio 2016 a dicembre 2017.

Per il terzo lavoratore, invece, il tentativo non sarebbe andato a buon fine: nonostante le richieste di riavere indietro il surplus per le mensilità da aprile a dicembre del 2017, infatti, il datore di lavoro non sarebbe riuscito ad ottenere la restituzione delle somme.

Infine, un quarto lavoratore si sarebbe visto costretto a svolgere, per uno o due giorni alla settimana dall’estate del 2016 fino a giugno del 2017, mansioni diverse da quelle per le quali era stato assunto (riscossione di fatture e procacciamento di nuovi clienti), senza ricevere alcuna retribuzione aggiuntiva e sotto le solite minacce di licenziamento in caso di proteste o rivendicazioni. Le indagini sono state coordinate dal pubblico ministero Maria Consolata Moschettini.

Il verdetto del giudice monocratico

Al termine del processo di primo grado, nella giornata di ieri la giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce, Cinzia Vergine, ha condannato l’imprenditore a quattro anni e sei mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 1.500 euro e delle spese processuali. Inoltre, il 72enne dovrà versare ai quattro lavoratori, che si sono costituiti parte civile, un risarcimento che sarà quantificato in separata sede. Nel frattempo, è stato disposto il pagamento di provvisionali di quattromila euro ciascuno per i tre dipendenti vittime di estorsione e di mille euro per il lavoratore vittima della tentata estorsione. L’imputato è stato difeso dall’avvocato Giovanni Bellisario, i lavoratori dagli avvocati Luigi Schito, Massimo Stano e Carlo Congedo. Entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Aprile 2023, 09:19
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