Addio a Silvia Tortora, una vita dedicata alla memoria del papà

Addio a Silvia Tortora, una vita dedicata alla memoria di papà Enzo

di Giammarco Oberto

«Chi è tuo padre, Silvia? Tuo padre è un uomo perbene». La frase dà il titolo al film sul calvario di Enzo Tortora: Un uomo perbene, un soggetto realizzato da Silvia sulla scorta del fitto rapporto epistolare intrattenuto con il padre rinchiuso a Regina Coeli. Le ha anche pubblicate, quelle lettere, la primogenita del grande presentatore finito da innocente in un tritacarne giudiziario e mediatico che alla fine lo portò alla morte. Cara Silvia, s’intitola il libro edito da Marsilio. E lei nella prefazione scriveva così: «Quando hanno arrestato mio padre avevo 21 anni e frequentavo l’università. Adesso ho due figli e due nipoti. L’università non l’ho mai finita. Mio padre non ha potuto conoscere nessuno dei suoi nipoti. Quando è morto, il 18 maggio 1988, aveva solo 59 anni. La sua vita si può descrivere con un prima e un dopo. La linea di confine è rappresentata dal giugno 1983. Prima di allora Enzo Tortora era un giornalista e grande presentatore televisivo».

Questa era Silvia Tortora, giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva che ieri si è spenta in una clinica di Roma. Aveva 59 anni, gli stessi che aveva il padre quando nel 1988 morì.

Lascia il marito, l’attore Philippe Leroy, sposato nel 1990 e da cui ha avuto due figli, Philippe e Michelle. Con lui, che oggi ha 91 anni, viveva in campagna, mantenendo il riserbo sulla vita privata. Il padre Enzo è stato la figura chiave della sua vita: ne ha seguito le orme (come anche la sorella minore, Gaia, oggi vicedirettrice del TgLa7) e si è battuta perché il suo dramma non fosse avvenuto invano. Ma ha sempre provato amarezza per lo stato della giustizia in Italia.

Un sistema che aveva travolto il popolarissimo conduttore di Portobello, ammanettato e fatto sfilare davanti ai fotografi il 17 giugno 1983, venduto all’opinione pubblica come un camorrista spacciatore di cocaina sulla scorta delle confessioni di due cosiddetti pentiti. La gogna mediatica, il carcere, il circo dei processi, fino al 15 settembre 1986, assoluzione con formula piena. Oggi Tortora è un simbolo, sempre evocato come esempio di errore giudiziario. Eppure tutti allora gli avevano sputato addosso. Tranne Enzo Biagi. Scrisse un fondo che s’intitolava così: «E se Tortora fosse innocente?».


Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Gennaio 2022, 07:55
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