Silvana stroncata dal Covid, il figlio accusa: «Il medico non ha voluto visitarla per paura del contagio»

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di Tito Di Persio

«Ad uccidere mamma non è stato il Covid, ma un’assistenza sanitaria che reputo tardiva». A parlare è Luigi Ricci, figlio di Silvana Fiore, l’operatrice socio sanitaria, morta a 50 anni nel reparto di malattie infettive al Covid Hospital di Atri. Sulla vicenda la procura di Isernia ha aperto un fascicolo. Poi, racconta Luigi, che la madre, Oss in una Rsa in Molise, dove è scoppiato un focolaio che ha fatto altre quattro vittime e una quarantina sono gli ospiti che hanno contratto il virus, aveva iniziato ad avvertire i primi sintomi il 20 novembre scorso.

«Abbiamo chiamato il nostro medico - dice il figlio - ma lui, senza nemmeno sapere se mia madre era positiva, si è rifiutato di visitarla, dicendo: “mi spiace ma non rischio di infettarmi”. E le prescrive un antibiotico generico e il cortisone». Quattro giorni dopo la 50enne va a fare il tampone in una clinica privata e scopre di essere positiva. La donna informa il suo medico e gli dice anche che fa fatica a respirare. «Il medico invece di venire a visitarla , le consiglia di andare in farmacia a comperare una bombola per l’ossigeno».

Due giorni dopo, il 26 novembre, le condizioni di Silvana precipitano di colpo. Il marito spaventato chiama il 118. Sul posto arriva un’ambulanza. «I sanitari, dopo aver visitato mia madre, dicono che si trattava di un attacco di panico. E decidono, contro la nostra volontà, di non portarla in ospedale».

Il marito subito dopo chiama i nipoti che lavorano nel nosocomio di Castel di Sangro, prende l’auto, sfidando il Dpcm, (l’Abruzzo erano zona rozza) e parte per andare nell’ospedale dell’Alto Sangro. «Arrivati al pronto soccorso, ci mandano via perché, dicomo, è una paziente di competenza Asl molisana, – scoppia in lacrime Luigi – papà, disperato, riprende la macchina e riparte verso casa. Ma durante il viaggio, mamma ha una forte crisi. Babbo rigira e la riporta all’ospedale di Castel di Sangro». Questa volta i medici la fanno entrare. Gli esami dicono che sta male. Il giorno seguente viene trasferita ad Atri, dove viene intubata e 10 giorni dopo muore. «Nell’ospedale teramano hanno fatto di tutto per salvarla e ci hanno trattato con molta umanità» dice il figlio.


Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Dicembre 2020, 08:37
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