Sette anni di indagini per dimostrare l'innocenza della Odontart: cadute tutte le accuse, non ci fu truffa alla Asl

Sette anni di indagini per dimostrare l'innocenza della Odontart: cadute tutte le accuse, non ci fu truffa alla Asl

Quasi sette anni di  indaginii, carte bollate, spese e un solo obiettivo: dimostrare la propria innocenza. E per togliere la macchia di un'accusa pesante: truffa.  Ma dopo una battaglia legale serrata per la Odontart di Roma è arrivato il verdetto del Tribunale: accusa caduta e archiviazione del caso. 

I FATTI

 Al centro della disputa c'è la fornitura di protesi odontoiatriche  tra il 2013 e il 2017. Una gara vinta dalla società romana. A far scaturire l'inchiesta fu un rilievo dei carabinieri del Nas di Padova. Secondo l'accusa non sarebbe stata rispettata la clausola del bando, che imponeva di far eseguire tutte le fasi di lavorazione delle protesi in un ambito della Unione europea. Invece secondo il Nas, era emerso un continuo transito di operatori
di Odontart verso la Tunisia, dove l’azienda romana ha una filiale di produzione. Una serie di riscontri  Investigativi che avevano portato la procura ad accusare la Odontart di non avere rispettato le condizioni fondamentali per la fornitura di protesi, ossia averle prodotte in Tunisia. La procura aveva chiuso l’indagine depositando gli atti d’accusa per truffa contro la società Odontart di Roma.

Ma dopo gli atti di difesa dei 4 indagati, in primis Angelo Mariani, legale rappresentante dell'azienda.

LA DIFESA

Nell’interrogatorio che aveva seguito le accuse della procura aveva ribadito che documenti alla mano non
era possibile che le lavorazioni delle protesi ferraresi fossero state eseguite in Tunisia, dimostrando che i tempi di consegna concordati con l’Asl non avrebbero permesso di effettuare le lavorazioni in Tunisia: inoltre, sempre Mariani ha sostenuto che il laboratorio tunisino Odontart si limitava al rilascio di certificazioni di legge e dichiarazioni di conformità. 

LA PROCURA 

Tra prove e incartamenti, riscontri ogettivi e testimonianze, la vicenda è stata archiviata e le accuse sono cadute.  La stessa procura ha rivisto le accuse, le ha ritenute non dimostrabili né sostenibili in un processo e
ha chiesto l’archiviazione, accolto poi dal gip Silvia Marini. Il tribunale  ha motivato la sentenza spiegando che «non può dimostrarsi che il lavoro sia stato eseguito in Tunisia». Da qui la fine di una querelle durata quasi sette anni.


Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Ottobre 2020, 17:20
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