La vita in carcere di Schettino tra meditazione, libri e nuovi amici

La vita in carcere di Schettino tra meditazione, libri e nuovi amici

di Cristiana Mangani
Quasi tre mesi passati in una cella a ragionare sugli errori commessi. Era la sera del 12 maggio quando Francesco Schettino si è consegnato al carcere di Rebibbia per scontare i sedici anni di pena confermati dalla Cassazione. Novanta giorni di silenzio. «La mia condanna è dichiaratamente punitiva e non riabilitativa», ha considerato con gli amici. Una condanna che sembra avere accettato, ma senza rassegnazione. «Questa mia condizione era una tappa obbligata - cerca di esorcizzare le sue colpe con le persone care - ma non mi rassegno all'idea che un giorno verrà capita la verità».

Ma come passa il suo tempo dietro le sbarre? Ecco, lui legge molto e approfondisce tematiche legate alla meditazione e al trascendentale, due vecchie passioni. «Senza la meditazione non avrei resistito chiuso qui dentro», ammette. Divide la detenzione con altri tre criminali comuni, nel reparto G8, detto «il penalino», nella cella numero 81. Qui le porte restano aperte tutto il giorno fino alle 22,30. L'ex capitano ha avuto come primo compagno di stanza l'assassino della giovanissima Sara Di Pietrantonio, la guardia giurata Vincenzo Paduano. Ha incontrato più volte Manuel Winston, il filippino condannato per l'omicidio della contessa Alberica Filo della Torre. «Mi capita spesso di parlarci», ha raccontato. E ha imparato anche chi sia Marcello Dell'Utri, fondatore di Forza Italia. Prima del carcere non ne conosceva l'esistenza, e ora gli capita di condividere qualche momento con l'ex senatore durante l'ora d'aria.

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Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Agosto 2017, 11:27
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