Rula Jebreal e il caso Propaganda: «Ecco com'è andata davvero. Una cosa inaccettabile»

Rula Jebreal e il caso Propaganda: «Ecco com'è andata davvero. Una cosa inaccettabile»

La giornalista Rula Jebreal in un'intervista al quotidiano La Stampa spiega il suo no alla partecipazione a Propaganda Live, la trasmissione condotta da Diego Bianchi in onda su La7 ogni venerdì. Due puntate fa il suo no fece discutere, e ora arriva il chiarimento da parte della stessa giornalista: «Quando ho visto sette invitati e una donna, ho detto che lo consideravo inaccettabile. Ho voluto mandare un messaggio forte, non solo a Propaganda Live, ma a tutti i programmi tv. Lancio l'allarme per un tema che rispecchia il Paese, anche in politica, task force, lavoro».

«È un problema inquietante, che viene normalizzato e ignorato», dice la Jebreal, secondo cui le donne sono invitate in tv anche per bella presenza, «lo capisci quando fanno interventi da 30 secondi, e poi restano ad ascoltare una trasmissione di due ore in cui parlano solo uomini». Uno scontro tutto interno ai progressisti? «Il mondo non progressista dovrebbe tacere - risponde la Jebreal - perché almeno noi parliamo dei temi, ci confrontiamo. Dall'altra parte ci sono solo attacchi sessisti, misogini e razzisti. Si va dalla violenza verbale al silenzio tombale. Almeno tra i progressisti c'è un dialogo acceso, aperto, magari anche aspro, ma c'è. Fa capire che le idee non sono morte, dalla nostra parte. Anzi, proprio perché siamo progressisti, vogliamo evolverci. E siccome siamo onesti intellettualmente, ci critichiamo anche fra noi. Non è un monologo, ma un dialogo aperto e continuo».

«La battaglia per la parità non è una faccenda delle donne - prosegue la giornalista - È una questione che riguarda tutti, di democrazia e giustizia. Se l'uomo non vuole rinunciare al privilegio, mi dà una pacca sulla spalla e dice 'brava, continua a lottare', le cose non cambieranno mai. Ma le regole si possono cambiare solo insieme. E finché non saremo tutti liberi, nessuno lo sarà davvero». Quanto alle donne che l'hanno accusata di cercare pubblicità, risponde che «mi hanno ricordato momenti del movimento #MeToo, quando donne che hanno denunciato stupri in Italia sono state accusate di farsi pubblicità. È la stessa cosa: loro denunciavano violenza e ingiustizia, io una discriminazione palese.

Chi non vuole ascoltare dice che è pubblicità, ma io non ne ho bisogno. Che pubblicità è quella? Non mi avrebbe fatto più comodo andare in tv a promuovere il mio libro? Ho preso posizione, sapendo che avrei scatenato l'ira del programma, per agitare le acque e far riflettere. Magari adesso ci sono colleghi che ci pensano. Tante donne hanno interiorizzato l'anomalia e credono sia la normalità. Ma molte madri, mogli, figlie, sorelle stanno riflettendo: così comincia il cambiamento».

«La discriminazione delle donne - continua - danneggia il nostro Paese da tanti punti di vista. Molti non investono nelle nostre aziende perché hanno regole precise che richiedono la parità. Leggendo i dati sul Covid, l'occupazione femminile è stata la più colpita, gli asili nido erano chiusi, tante donne sono state costrette a scegliere tra lavoro e figli, e hanno scelto la famiglia. Il dibattito in Italia dovrebbe riguardare i diritti e come migliorarli. Io ho lanciato l'allarme su un fenomeno ovvio, anche tra i progressisti: basta guardare alla dirigenza del Pd. Se non ne parliamo ora, quando lo faremo? L'immagine di una società patriarcale è tappezzata ovunque. Sento parlare delle donne come minoranza da difendere: no, sono la metà. Quando vuoi relegarle a minoranza, categoria protetta, il ragionamento è distorto a monte».

La Jebreal si sofferma infine sulla legge Zan: «Stessa cosa - afferma - Io non combatto solo per l'inclusione delle donne, ma anche di gay, lesbiche, immigrati, musulmani, ebrei. Ho l'obbligo morale di liberare chiunque sia discriminato. In Italia c'è una trasversalità della discriminazione che va raccontata. Nessuno rinuncerà al privilegio senza qualche meccanismo di coercizione, perciò servono nuove leggi. Bisogna lanciare l'allarme, e le donne devono smettere di votare i candidati che non si impegnano a fare i loro interessi. È necessario sgravarle dalle mansioni della cura, investire e legiferare su istruzione, asili nido, emancipazione economica, parità sul lavoro. Io devo molto all'Italia, è il mio Paese e lo amo profondamente. Spero che questa protesta sia costruttiva, per spingerlo verso la modernità. Altrimenti sono molto preoccupata per il futuro dei nostri figli». 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 24 Maggio 2021, 12:35
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