Ruba alle Poste, licenziato dopo la condanna: il giudice ordina il reintegro col pagamento degli arretrati
A raccontare la vicenda è l'edizione vastese del sito d'informazione Zona Locale. Era l'estate del 2012 quando il 58enne era riuscito a impossessarsi dell'ingente cifra ma era stato tradito da alcune intercettazioni telefoniche e ambientali in cui parlava con amici e parenti del fatto, apparendo nervoso e pentito: "Mò mi sa che glieli riporto...". Poste Italiane, a questo punto, decide di trasferirlo a Chieti, una volta partite le prime misure cautelari del gip, di sospenderlo dal lavoro in attesa della sentenza. A maggio 2014, su istanza dei legali dell'uomo, era stato stabilito un primo reintegro. Il 22 agosto 2016 la condanna in primo grado: evitato il grave reato di peculato richiesto dai pm, l'uomo se l'è cavata con un anno e nove mesi, pena sospesa e ricorso in Appello da istruire, per appropriazione indebita.
Poste Italiane, che aveva atteso almeno la sentenza di primo grado prima di adottare drastiche misure disciplinari, a questo punto decide di licenziare l'uomo. I legali, però, hanno vinto un'altra battaglia: il giudice del Lavoro, su loro istanza, ha decretato un nuovo reintegro del dipendente, con le stesse mansioni di prima e il pagamento degli stipendi arretrati. Il motivo? L'azienda avrebbe dovuto licenziare l'uomo prima, dal momento che aveva tutti gli elementi per farlo, invece di sospenderlo in via cautelativa; a cinque anni dal fatto «la contestazione formale è tardiva». Dulcis in fundo, si apre ora un nuovo scenario: i suoi legali potrebbero fare causa lamentando il demansionamento avvenuto con il trasferimento a Chieti nell'autunno di cinque anni fa.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Settembre 2017, 10:50
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