Rigopiano, tutti assolti tranne il sindaco di Farindola: condannato a 2 anni e 8 mesi Ilario Lacchetta​. Urla di rabbia dei parenti delle vittime: «Vergogna»

Sei anni e un mese fa 29 persone morivano nell'hotel in Abruzzo

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di Redazione web

Rigopiano, la sentenza di primo grado: assolti l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e, l'ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Condannato a 2 anni e 8 mesi il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, per il quale l'accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi. Lo ha stabilito il gup del Tribunale del capoluogo adriatico Gianluca Sarandrea nella sentenza, appena pronunciata in aula, relativa alla tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti. Ed è scoppiato il caos in aula: molti parenti urlano e contestano la decisione del giudice che ha assolto 27 imputati su 30.

Le accuse a carico dell'allora prefetto Provolo, per il quale era stata chiesta una condanna a 12 anni, erano: frode in processo penale e depistaggio, omissione di atti d'ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, omicidio colposo, lesioni personali colpose. Omicidio colposo e lesioni personali colpose erano i reati contestati all'allora presidente della Provincia di Pescara Di Marco e al sindaco di Farindola Lacchetta, quest'ultimo accusato anche di disastro colposo.

Sono 25 le assoluzioni e 5 le condanne

Sono 25 le assoluzioni e cinque le condanne decise del gup di Pescara, Gianluca Sarandrea, sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola. I 30 imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.

Il sopravvissuto: «Giudice, non finisce qui». I familiari delle vittime: «Vergogna»

Urla di rabbia si sono udite provenire dall'aula di tribunale dove i parenti delle vittime hanno ascoltato la lettura della sentenza: «Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo». Queste le urla dei parenti delle vittime di Rigopiano alla lettura della sentenza da parte del giudice Gianluca Sarandrea al Tribunale di Pescara. Alcuni parenti delle vittime trattenuti a stento dalle forze dell'ordine.

«Giudice, non finisce qui». È la minaccia rivolta al giudice Sarandrea da un superstite della tragedia di Rigopiano, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo - che sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli - subito dopo la lettura della sentenza in cui la maggioranza degli imputati è stata assolta. Matrone è stato poi allontanato dall'aula dalle forze dell'ordine.

«Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell'appello, ma se questo è l'andazzo non spero più niente, devo solo salvagardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia». Così, pochi istanti dopo la lettura della sentenza, il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda. «Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni, paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire» conclude allontanandosi tra le lacrime. Urla in aula Francesco D'Angelo, fratello di Gabriele D'Angelo, cameriere dell'hotel, morto nel crollo. «Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?» urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D'Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell'hotel di lasciare la struttura.

La sentenza di primo grado

A sei anni dalla valanga che distrusse l'hotel sul Gran Sasso uccidendo 29 persone, al Tribunale di Pescara è stata pronunciata la sentenza di primo grado, da parte del gup Gianluca Sarandrea. Tra gli imputati l'ex Prefetto del capoluogo adriatico, Francesco Provolo, l'allora presidente della Provincia, Antonio Di Marco, e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. In aula erano presenti i parenti delle vittime e i superstiti. I primi avevano posizionato le magliette con le foto dei propri cari sulle prime file delle sedie e le indossano.

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Chi sono gli imputati

Gli imputati sono 29 persone fisiche e una giuridica (la società Gran Sasso Resort).

Le 29 persone fisiche sono rappresentanti di Regione, Provincia, Prefettura, Comune di Farindola, tecnici, gestore e proprietà della struttura: sono accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizio. Su di loro pendevano richieste di condanna ad oltre 151 anni di carcere. Quattro soltanto le richieste di assoluzione. 

Lo striscione con i volti

Un enorme striscione con i volti delle vittime era stato adagiato all'ingresso del tribunale di Pescara. I familiari, come sempre qui, hanno indossano pettorine con i volti delle vittime mentre in aula avevano posizionato le maglie dedicate alle 29 vittime, ognuna su una sedia. «Così - dice una mamma all'Adnkronos - è come se anche loro fossero presenti».

La vicenda

A sei anni dal 18 gennaio 2017, quando una valanga travolse e distrusse l'Hotel Rigopiano di Farindola, provocando la morte di 29 persone, la vita degli undici superstiti scampati al disastro e di tutti coloro che in quella tragedia hanno perso un parente va avanti. Dopo 2.227 giorni, c'è chi ha un nuovo lavoro, chi si è trasferito, chi ha aperto un'attività e quelli che all'epoca dei fatti erano bambini oggi sono cresciuti. Dimenticare, però, è impossibile.

«Da allora non andiamo più in montagna e sulla neve, è rimasto un segno», dice Giampiero Parete, il cuoco che quel giorno lanciò i primi sos senza essere creduto. La sua è l'unica storia a lieto fine di quella tragedia: dopo di lui, infatti, furono salvati anche la moglie e i due figli. Oggi Giampiero ha un ristorante a Silvi (Teramo); Gianfilippo, 13 anni, e Ludovica (12) frequentano le scuole medie, mentre la mamma Adriana continua a fare l'infermiera. Continua a lavorare nella pasticceria di famiglia a Monterotondo (Roma), Giampaolo Matrone, ultimo sopravvissuto della tragedia: fu estratto vivo dalle macerie dopo oltre 60 ore e, sottoposto a numerosi interventi chirurgici, ha riportato gravi traumi agli arti.

La valanga si portò via sua moglie, Valentina Cicioni, con cui il pasticcere si era concesso una breve vacanza in montagna. Matrone ora dedica ogni momento libero alla figlia Gaia. La bimba, che il giorno della tragedia era a casa con i nonni, oggi ha undici anni. Vive e lavora ancora a Penne, Fabio Salzetta, che era tecnico manutentore dell'Hotel Rigopiano. Fu il primo ad essere individuato dai soccorritori e, nonostante lo shock e il freddo, rimase lì, per cinque interminabili giorni, per aiutare nelle ricerche, perché conosceva alla perfezione quel posto e, soprattutto, perché sotto le macerie c'era sua sorella, poi trovata morta nel giorno del suo 31esimo compleanno. Si è trasferito a Torino, dove vive e studia in un istituto, Edoardo Di Carlo, oggi 14enne, uno dei bambini estratti vivi dalle macerie.

In quella tragedia, quando aveva appena sei anni, perse i genitori, Nadia Acconciamessa e Edoardo Di Carlo. Da Loreto Aprutino (Pescara), si sono trasferiti al Nord, per studio e per lavoro, anche i due fratelli maggiori, che in quel drammatico 18 gennaio erano a casa. Prova a fatica a dimenticare Francesca Bronzi, oggi 31enne. La giovane, che vive a Montesilvano (Pescara) e lavora come impiegata, ricorda ancora quelle ore interminabili sotto le macerie. Fu una delle ultime persone ad essere salvata.

La stessa sorte, però, non toccò al suo fidanzato, Stefano Feniello, 28 anni. Per giorni, prima in ospedale e poi a casa, Francesca lo attese, invano. Il nome di Stefano, infatti, fu inserito in una lista di cinque persone estratte vive, ma si trattò di un errore. Bronzi, assistita dall'avvocato Alessandro Dioguardi, ha scelto di non essere in aula domani per la sentenza. Va avanti, sempre con il pensiero rivolto a sei anni fa, anche la vita degli altri superstiti di Rigopiano, Samuel Di Michelangelo, 15enne che nella tragedia perse i genitori, Vincenzo Forti e Giorgia Galassi. 

 

Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Febbraio 2023, 09:22
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