Pamela Mastropietro, la sentenza alle 19: Oseghale chiede scusa alla famiglia. La mamma: «Se le può tenere»

Pamela Mastropietro, la sentenza alle 19: Oseghale chiede scusa alla famiglia. La mamma: «Se le può tenere»

Potrebbe essere oggi il giorno della sentenza per l'omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018 a Macerata, in un appartamento in via Spalato 124, dopo essersi allontanata il giorno prima da una comunità terapeutica: è in corso una nuova udienza del processo in cui è imputato il nigeriano Innocent Oseghale. Quest'ultimo oggi «è nervosetto», hanno detto gli agenti della Polizia Penitenziaria che lo hanno scortato al quinto piano del Tribunale di Ancona in attesa di farlo entrare in aula.

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Oseghale è entrato in aula senza mascherina, per poi indossarla prima di sedersi quando gli è stato fatto notare che doveva metterla: il nigeriano è tenuto a stretto controllo dagli agenti della Polizia Penitenziaria. La parola sarà subito della difesa, con gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi: poi, a meno di sorprese e necessarie repliche, la Corte si riunirà in Camera di consiglio per la sentenza.

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"NON L'HO UCCISA" «Non ho ucciso Pamela», ha detto Oseghale in alcune dichiarazioni spontanee per ripercorrere gli ultimi momenti passati in casa in compagnia della 18enne, per ribadire di non averla uccisa; Pamela, ha ribadito, ebbe un malore dopo l'assunzione di eroina, cadde dal letto dove si era sistemata per rilassarsi per poi progressivamente perdere coscienza e morire. «Ero sotto choc, confuso, ho fatto una cosa terribile - ha detto a proposito dell'ammesso smembramento del corpo poi abbandonato in due trolley sul ciglio di una strada - ma voglio pagare per quello che ho fatto, non per quello che non ho fatto». Oseghale ha chiesto una sentenza «senza pregiudizi»: «Non giudicatemi per il colore della pelle...».

 

OSEGHALE SI SCUSA. LA MADRE: "SE LE TENGA..." «I'm sorry...». In aula ad Ancona, Innocent Oseghale chiede scusa alla famiglia della ragazza, leggendo un foglio protocollo scritto a mano in inglese in stampatello e tradotto dall'interprete.

Il dispiacere di Oseghale è riferito solo al sezionamento del cadavere della ragazza: sostiene infatti di non averla uccisa e che lei morì per un'overdose di eroina. Il 32enne pusher, anzi ha riferito di un clima sereno nell'appartamento prima che la giovane assumesse l'eroina e poi accusasse un malore: «Le mostrai le foto della mia famiglia. Lei mi abbracciò e mi baciò».

Per lo smembramento del corpo, l'imputato ammette di aver fatto «una cosa terribile. Ero sotto choc e confuso, mi dispiace molto...». Le scuse di Oseghale sono state rispedite al mittente prima dal legale di parte civile, poi da Alessandra Verni, madre di Pamela, presente in aula. «Le scuse le rivolga a tutta la comunità che l'ha accolto e che ha ripagato in questo modo. Non è il colore della pelle che fa la differenza...», ha detto l'avv. Marco Valerio Verni, legale della famiglia. «Era l'ultima occasione per dire la verità e non l'ha fatto - ha ripetuto la madre di Pamela -. Non gli credo, le scuse se le può tenere».

GIUDICI IN CAMERA DI CONSIGLIO Sono entrati in camera di consiglio poco dopo le 14:30, i giudici della Corte d'Assise d'appello di Ancona, per la sentenza del processo per l'omicidio di Pamela. L'unico imputato è Innocent Oseghale, 32enne pusher nigeriano, condannato all'ergastolo in primo grado a Macerata per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. Per la procura, il 32enne ebbe un rapporto sessuale con lei approfittando della fragilità della ragazza che aveva appena assunto eroina. Oseghale ha respinto le accuse di omicidio e violenza sessuale, ma ha ammesso di aver fatto a pezzi il cadavere. La sentenza non verrà emessa prima delle 19, ha annunciato il presidente della Corte Giovanni Treré dopo le arringhe difensive, seguite dalle repliche della procura generale e dell'avv. Marco Valerio Verni, zio di Pamela, legale di parte civile per i genitori della ragazza.

ERGASTOLO IN PRIMO GRADO In primo grado Oseghale, 32 anni, è stato condannato all'ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale, vilipendio e occultamento di cadavere; la procura generale ha chiesto la conferma della sentenza. Il verdetto potrebbe arrivare nel pomeriggio. L'imputato, che oggi renderà dichiarazioni spontanee, afferma di non aver ucciso Pamela, che lei morì per overdose d'eroina ma ammette di averne smembrato il corpo, abbandonato in due trolley sul ciglio di una strada. La difesa - avv. Simone Matraxia e Umberto Gramenzi - sostiene che non è provata la vitalità delle due ferite da coltello, cioè che la ragazza era già morta; ha reiterato l'istanza di una perizia medico legale (e analisi istochimiche) per chiarire questo elemento «dirimente»


Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Ottobre 2020, 15:28
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