Venezia, bar in crisi per il lockdown: cliente paga due mesi di pranzi non consumati per evitarne la chiusura

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di Davide De Bortoli
Un regalo inaspettato e assai gradito. È quello ricevuto a San Donà di Piave (Venezia) nei giorni scorsi dalla titolare di un bistrò del centro, che preferisce mantenere l’anonimato per non “farsi pubblicità” con questa vicenda.

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Le porte del suo locale si erano chiuse lo scorso 11 marzo, in seguito a una delle prime ordinanze sul confinamento, e si sono riaperte il 18 maggio. L’altro ieri una cliente abituale si è fatta rivedere nel bar-ristorante, per consumare un pranzo, come era solita fare prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria.

E al momento di pagare ha lasciato di stucco la proprietaria, donandole il corrispettivo di due mesi di pasti non consumati, quelli che la cliente aveva inevitabilmente dovuto saltare a causa della chiusura del locale. Un gesto inaspettato, altruista, motivante. Una forma di riconoscenza che, al di là della somma, dà fiducia a chi si trova dietro al bancone. «La cliente lavora qui vicino – spiega la giovane che gestisce l’esercizio – e non veniva a pranzo da quando aveva iniziato a lavorare da casa. L’altro giorno si è accomodata sul “suo” tavolo, quello che sceglie abitualmente. Abbiamo conversato un po’ di questi mesi in cui non ci siamo viste e degli stati d’animo vissuti durante il diffondersi del contagio. Al momento di pagare mi ha spiegato di aver continuato a lavorare in questo periodo e mi ha detto che, se non fosse stato per la chiusura obbligatoria, avrebbe sempre pranzato qui. Alla fine ha detto: “Ho fatto un calcolo approssimativo di ciò che avrei speso in due mesi e ho deciso di donarvelo oggi”».

Quindi la cliente generosa ha consegnato in contanti circa 500 euro alla responsabile del locale, stupefatta. «Mi sono commossa – continua la giovane titolare - : è un gesto che in qualche modo mi ripaga di tanti sforzi. Con la clientela ho sempre cercato di instaurare un clima accogliente e un rapporto familiare, fatto di attenzione per le persone. Per i frequentatori abituali ogni scontrino non riporta il numero del tavolo ma nella “comanda” c’è il nome della persona che siede al tavolo. Con tanti ho instaurato un rapporto che va oltre il servizio, un legame vero e in questi mesi ci siamo tenuti in contatto tramite i social. Di qualcuno abbiamo festeggiato a distanza il compleanno, con gli auguri e la foto della torta. È stato bello anche scambiarsi un semplice “come stai?” o una videochiamata che permette di sentirsi più vicini in un momento di difficoltà. Ripartire è difficile, per quanti sforzi si facciano, dopo essere rimasti chiusi a lungo. Anche in questa fase ho adottato un orario ridotto. A volte non si riapre per guadagnare subito, ma perché si pensa ad un progetto a lungo termine». Perché gestire un locale è anche questo: la porta si riapre per accogliere clienti, regalare sorrisi, condividere emozioni. E creare legami che permettono di raccontare storie come questa.
Ultimo aggiornamento: Sabato 30 Maggio 2020, 10:09
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