Omicidio Varani, perizia choc: «Foffo provò piacere nel massacrarlo». Era capace di intendere e di volere

Omicidio Varani, perizia choc: «Foffo provò piacere nel massacrarlo». Era capace di intendere e di volere

di Domenico Zurlo
La sentenza d'appello arriverà probabilmente il prossimo 10 luglio. Per la morte di Luca Varani, massacrato a coltellate e martellate a 23 anni, il cui caso sconvolse Roma il 4 marzo di due anni fa, il processo va avanti: secondo l'opinione dei periti Antonio Oliva, Stefano Ferracuti e Marco Molinari, Manuel Foffo, condannato a 30 anni in primo grado, sarebbe «affetto da un disturbo di personalità di gravità moderata», ma quando con il suo amico Marco Prato uccisero Varani, era comunque capace d'intendere e volere. L'omicidio avvenne durante un festino, in un appartamento al Collatino a Roma, a base di sesso e droga. 

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​Secondo i periti, Foffo ha «una storia di riferito abuso di cocaina e alcol (ma non di uso cronico)» e «una possibile parasonnia, ma l'esame clinico non ha evidenziato aspetti riconducibili a un deterioramento o a una compromissione delle funzioni cognitive». Gli esperti hanno infine sottolineato come sia stato lo stesso Foffo a parlare «di una sua volontà piegata da quella di Prato», da cui si sentiva «ricattato, vincolato e manipolato». I tre periti hanno avuto, nel carcere di Rebibbia, tre incontri con Foffo, condannato con rito abbreviato per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà: Prato si è invece suicidato in carcere prima dell'inizio del processo. 



Ma quella dei tre esperti non è l'unica perizia depositata davanti alla I Corte di Assise d'Appello: secondo quanto afferma Il Messaggero, la consulenza dello psichiatra forense Piero Rocchini per conto del procuratore generale direbbe invece tutt'altro rispetto a Manuel Foffo, descritto come un 
«sadico sessuale che ha ucciso per perversione, in preda a un orgasmo omicidiario».
Ma anche
«manipolatore perché rispondendo abilmente ai test psichiatrici sperava di alleggerire la sua posizione giudiziaria».

La consulenza non lascia chance all'imputato:
«Non è credibile che Foffo abbia subìto la personalità di Marco Prato, il coimputato morto suicida», dice Rocchini, arrivato anche lui - come i tre periti già citati - alla conclusione che Foffo era in grado di intendere e volere al momento dell'omicidio. Negando però il «disturbo moderato della personalità», ravvisato dai colleghi, e optando invece per «il disturbo sadico sessuale». La versione del consulente sarebbe anche legata alla strategia di Foffo di mostrarsi lucido nei colloqui e di seguire la linea logica di scaricare la colpa su Prato, dicendo di subire la sua personalità. D'altronde Foffo, in una intercettazione, diceva al padre: «Se voglio far credere una cosa a loro, ce la faccio». Secondo Rocchini quello fragile sarebbe stato invece Prato, che prima del suicidio in carcere aveva già provato più volte a togliersi la vita. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 2 Giugno 2018, 09:19
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