Omicidio di Natale a Pesaro, le indagini sul movente e le polemiche sul servizio di protezione.

Omicidio di Natale a Pesaro, le indagini sul movente e le polemiche sul servizio di protezione

di Emilio Orlando
Due uomini con il viso coperto da un cappello. Forse c'era un terzo uomo ad attenderli in macchina con il motore acceso. Indagini serrate a tutto campo per identificare i due sicari che il pomeriggio del giorno di Natale hanno assassinato con ventiquattro colpi di pistola Marcello Bruzzese, fratello del pentito della 'ndrangheta Girolamo Biagio Bruzzese, che nel 2008 tentò di uccidere il boss Teodoro Crea.
Poche le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona. In quel dedalo di stradine del centro storico ce ne sono pochissime. Forse i killer avevano pianificato anche il persorso per non essere visti. Un'azione durata pochi minuti. Gli spari hanno attirato l' attenzione dei residenti che dopo aver pensato che si trattava di petardi, hanno realizzato quello che era successo. Ma per strada non c' era più nessuno. Solo in cadavere di Bruzzere, crivellato di proiettili.

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Gli inquirenti coordinati da un pool di magistrati composto dal procuratore capo di Pesaro Cristina Tedeschini, dal pubblico ministero Maria Letizia Fucci, con i sostituti della direzione distrettuale antimafia di Ancona Paolo Gubinelli e Daniele Paci, quest'ultimo fu colui che assicurò alla giustizia tutti gli appartenenti alla “banda della Uno bianca”, che seminò decine di morti a Bologna tra la fine degli anni '80 ed i primi del '90.

Le indagini sono state delegate ai carabinieri a cui era demandato anche il compito di svolgere il servizio di protezione nei confronti della vittima. Ieri investigatori e magistrati si sono riuniti alla prefettura di Pesaro, dove è stato fatto un punto e sono state sviluppate strategie investigative. E' mistero su come i due killer armati di rivoltelle calibro nove abbiano fatto a trovare l'indirizzo di casa di Marcello Bruzzese ed a sapere che avrebbero potuto agire liberamente senza correre rischi. Sul citofono dell'abitazione di Bruzzese, affittata dal ministero degli Interni in via Bovio a Pesaro c'era comunque scritto a penna  nome e cognome della famiglia. Secondo i testimoni che lo conoscevano era una brava persona, educato con tutti e sempre presente alla messa domenicale. Sembra che si sentisse tranquillo e che non facesse segreto della sua provenienza e della sua storia. Qualcuno in città conosceva le vicissitudini personali e familiari dei Bruzzese.


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La moglie usciva di casa tutte le mattine per portare i figli piccoli a scuola. Tra qualche mese, insieme al fratello, avrebbero aperto una pizzeria. I Bruzzese sono stati per anni alleati della potente cosca del boss della ‘ndrangheta Teodoro Crea, che operava a Rizziconi, in Calabria. La principale ipotesi al vaglio dei carabinieri è che l’omicidio sia stato una vendetta nei confronti di Girolamo Biagio Bruzzese, ma non si escludono altre motivazioni. Infatti è un'esecuzione di criminalità organizzata “ sui generis” rispetto al classico modus operandi.

Infatti i numerosi colpi di pistola, ventiquattro, esplosi a distanza anzichè il classico colpo in testa tipico delle esecuzione mafiose fanno pensare anche ad altri moventi, anche di tipo passionale. Nel 1995 Marcello Bruzzese era sopravvissuto ad un altro attentato dove morirono il padre Domenico e un cognato, mentre Marcello venne solo ferito alla pancia. Quell' esecuzione venne eseguita da Elio Ascone appartenente ad una cosca rivale dei Bruzzese. Anche Ascone venne assassinato a distanza di poche ore. Dal 20 ottobre del 2003 Girolamo Biagio Bruzzese iniziò a collaborare con la giustizia da latitante dopo che sparò tre colpi di pistola al boss Teodoro Crea e poi si costituì alla stazione dei carabinieri del comune di Polistena, credendolo morto. Il boss però sovravvisse, nonostante i tre proiettili avevano leso organi vitali. Oggi sta scontanto la pena al regime di 41 bis. Bruzzese cominciò a collaborare  con la giustizia e i suoi parenti vennero  trasferiti nelle Marche.


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Nel 2008 Giuseppe Femia, suocero di Bruzzese e potente esponente di un'altra cosca, venne ucciso nella sua casa di Gassino, alle porte di Torino, nel contesto della cosidetta faida di San Luca. L'uomo ucciso a Natale Marcello arrivò a  Pesaro per la prima volta nel 2008 con la moglie ed i tre figli. Per un periodo fecero la spola con la Francia e tre anni fa si stabilirono definitivamente in via Bovio a Pesaro. Secondo il procuratore nazionale dell’antimafia Federico Cafiero De Raho il fatto che l'identità non era segreta non sarebbe un’anomalia: «Quando il rischio del familiare - ha dichiarato il magistrato -  non è considerato troppo alto si può ritenere sufficiente spostarlo dal luogo in cui agisce tipicamente l’organizzazione, e qualcosa potrebbe non aver funzionato» nel programma di protezione. Dopo l’omicidio del 25 dicembre, tutti i componenti della famiglia Bruzzese sono stati trasferiti in località segrete.


++++Richiesta di rettifica++++

L'avvocato Domenico Antico, nell'interesse dei sigg. Abramo Girolama, Femia Serafina, Femia Emanuela, Femia Girolamo e Femia Sonia rettifica quanto scritto in precedenza in quanto:
a) il povero Giuseppe Femia, suocero del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese, è stato brutalmente assassinato a seguito di un agguato mafioso perpetrato il 9 febbrario 2004 in agro di Cittanova (Rc);
b) inoltre - ed è questa la principale ragione della chiesta rettifica - Giuseppe Femia non apparteneva ad alcuna cosca essendo persona assolutamente perbene e incensurata, estranea non solo a ambienti mafiosi, ma anche e soprattutto a qualsivoglia contesto delinquenziale. 

 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 7 Gennaio 2019, 13:57
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