Napoli, a 20 anni tra vodka e like: i giovani che spendono mille euro per un tavolo

Napoli, a 20 anni tra vodka e like: i giovani che spendono mille euro per un tavolo

di Bruno Majorano
Per molti di loro la vita è un luna park. Serate, feste, fiumi di alcol e discoteche tutto l'anno. E a inserire il gettone che poi mette in moto la giostra sono spesso i genitori. I ragazzi in prima fila, poi, sono quelli della Napoli bene. Basta guardarsi attorno. Basta fare un giro nei locali più in voga della città. È un dato a preoccupare più degli altri: l'età di chi si sballa è sempre più bassa. Perché oggi avere il tavolo al centro della pista del locale con gli amici, è molto più di uno status symbol: 50, 60 o anche 100 euro a testa per chiamare una magnum di champagne diventa una cosa all'ordine del giorno, anzi della sera. La tragedia che ha coinvolto il giovane Nico Marra Incisetto è solo l'ultimo capitolo di una saga (drammatica) che trova ragioni ben più profonde di quelle che superficialmente si possono pensare.

Nicola Marra trovato morto in un vallone: era scomparso dopo la discoteca. Aveva 20 anni

Chi nei locali ci lavora, al bar, dietro la cassa, alla porta d'ingresso, resta stupito anche da questo. Una volta era l'élite ad avere l'ambizione al posto d'onore nella pista della discoteca. Quelli che una volta le mode le facevano. Oggi la tendenza si è ribaltata: ragazzini di 18-20 anni che prendono il tavolo e di quelle stesse mode sono vittime. E spendono, spendono, spendono ancora. Oltre 1000 euro per avere il tavolo più bello al centro della pista del locale più figo. Una ricerca continua dell'eccesso. Una gara con l'amico, il compagno di studi, il rivale in amore. Perché quella è l'età più pericolosa. Quando i ragazzi, pensano davvero di essere invincibili, salvo poi rivelarsi più fragili che mai. Anche perché al loro fianco si ritrovano smarriti, a volte addirittura soli.

Colpa di una realtà molto più distorta da quella che invece pensano di vivere. Gli amici sono quelli che hai aggiunto su Facebook e che ti hanno coinvolto per una serata grazie ad un gruppo su WhatsApp all'interno del quale hai salvato a malapena appena tre numeri nella tua rubrica. E allora succede che quando uno di loro si allontana dal locale perché non si sente bene - magari perché ha bevuto troppo - nessuno si preoccupa di stargli dietro. Nessuno lo segue o minimamente si preoccupa di capire come sta. «Tanto poi torna, o al massimo vediamo dove si tagga nella sua prossima storia su Instagram», si chiederanno gli amici (o presunti tali) che invece procedono nella loro serata all'insegna dell'euforia e dello sballo più assoluto.

E i genitori? Non è che stanno a guardare, ma quasi. Accontentare i desiderata del proprio figlio oggi è diventato il loro primo lavoro. Con paghette da manager e auto da calciatori, sono i piccoli di casa a portare i pantaloni (come si diceva una volta delle donne che comandavano in famiglia). È tutto talmente facile per questi figli da sembrare quasi naturale. Al primo incidente dopo la discoteca (perché un po' brilli) non segue una punizione, ma una macchina nuova. Come fosse un premio. Inutile provare a disturbarli durante la serata di sballo: alle migliaia di messaggi, messaggini e telefonate spesso e volentieri segue solo il silenzio. I ragazzi di oggi - che frequentano con profitto le scuole e le università migliori - fanno la fortuna di imprenditori della notte, rivenditori di cellulari all'ultima moda e concessionarie di auto sportive. Salvo poi pagarne tutti le conseguenze quando succedono tragedie come quella di Nico Marra Incisetto. Non si tratta di morale, ma di mera realtà. Quella che rapidamente - anche troppo - sfugge quotidianamente di mano ai genitori.

 

Non è colpa dell'alcol. O meglio: non solo. Ci sono i «no» che aiutano a crescere, ma quanto è difficile per un genitore negare al proprio figlio quello che tutti i suoi coetanei possono ottenere con una facilità disarmante? Ecco spiegato anche una sorta di effetto domino che coinvolge un po' tutti. Senza particolare attenzione a quelle che possono essere le conseguenze del dopo. Così come fa male sentirsi puntare il dito contro in momenti come questi. È come se tuo figlio venisse ucciso due volte. Perché in questi casi ci si sente doppiamente responsabili. Quello che poteva essere e non è stato. Se lo sono chiesti anche i tanti papà e le tante mamme che hanno vissuto questo immenso dramma prima dei genitori di Nico. Nella eterna guerra con se stessi per non sbagliare, per non commettere quell'errore che potrebbe far sentire il proprio figlio o la propria figlia escluso dal gruppo. Ecco perché farlo salire sul luna park è diventato un obbligo. Anche se a volte il gettone finisce per sbaglio sulla giostra delle montagne russe.
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Aprile 2018, 10:09
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