Strage Mottarone, gli interrogatori. Tadini, chiesti i domiciliari: «Non sono un delinquente»

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Sono iniziati nel carcere di Verbania gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l'incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato.

Tadini: «Non sono un delinquente». Chiesti i domiciliari

Il primo ad essere ascoltato è il caposervizio dell'impianto Gabriele Tadini, difeso dal legale Marcello Perillo, che già martedì sera ha reso le prime ammissioni spiegando di aver deciso lui di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d'emergenza, che non è scattato quando il cavo traente si è spezzato. «Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse», ha detto Tadini al gip durante l'interrogatorio durato circa tre ore secondo quanto riferito dal suo difensore, l'avvocato Marcello Perillo. Il caposervizio ha ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. L'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune.

La difesa ha chiesto al gip, al termine dell'interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari. «È distrutto, sono quattro giorni che non mangia e non dorme, il peso di questa cosa lo porterà per tutta la vita. È morta gente innocente, potevano esserci il figlio di Tadini o il mio» in quella cabina precipitata, riferisce l'avvocato. 

Per il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara (presenti agli interrogatori), che hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere, la scelta di Tadini, come da lui stesso chiarito, sarebbe stata avallata per motivi economici dal gestore Luigi Nerini (avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchi (legale Andrea Da Prato), che saranno interrogati subito dopo.

I due potrebbero negare di aver saputo dell'uso dei forchettoni. Poi, sarà il gip Donatella Banci Buonamici a dover decidere sulla convalida e sull'eventuale misura cautelare. Per la Procura ci sono tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. Fuori dal carcere, intanto, una persona manifesta con un cartello con su scritto «se colpevoli, ergastolo».


Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Maggio 2021, 15:29
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