Raffaele Cutolo, morto in carcere il boss della camorra: aveva 79 anni

Raffaele Cutolo, morto in carcere il boss della camorra: aveva 79 anni

ll boss della camorra Raffaele Cutolo, dopo una lunga malattia, è morto nel reparto sanitario del carcere di Parma. Il fondatore nonché capo della Nuova Camorra Organizzata aveva 79 anni ed era il carcerato al 41bis più anziano. Lo si apprende da fonti della polizia penitenziaria. 

 

Nell'ultimo periodo Cutolo era stato più volte trasferito dal carcere al reparto ospedaliero. Nel respingere l'ultima istanza di differimento della pena, fatta dalla difesa del boss per le condizioni di salute, il tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva sottolineato, a giugno 2020, come le sue condizioni fossero compatibili con la detenzione. Ma soprattutto come, nonostante l'età, Cutolo fosse ancora un simbolo. «Si può ritenere che la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma», scrivevano i giudici. E subito proseguivano: «Nonostante l'età e la perdurante detenzione rappresenta un “simbolo” per tutti quei gruppi criminali» che continuano a richiamarsi al suo nome. Si ritiene che "Don Raffaè", la celebre canzone di Fabrizio De André, sia ispirata alla figura del boss.

CHI ERA IL BOSS DEI BOSS

Era il camorrista per eccellenza Raffaele Cutolo, fondatore nonché capo della Nuova Camorra Organizzata morto nel reparto sanitario del carcere di Parma, lo stesso dove spirò a fine 2017 Totò Riina, dopo una lunga malattia. Aveva 79 anni ed era il carcerato al 41bis più anziano. Era detenuto, ininterrottamente dal 1979, dopo il suo arresto ad Albanella, in provincia di Salerno. Un anno prima era evaso in maniera clamorosa, a colpi di bombe, dall'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa (Caserta).

Soprannominato «ò professore», nacque ad Ottaviano, in provincia di Napoli, il 4 novembre del 1941.

Nel 1983 sposò Immacolata Jacone, nel corso di un matrimonio celebrato nel carcere dell'Asinara. Lo scorso giugno, il simbolo della criminalità organizzata non solo campana, è tornato alla ribalta delle cronache per la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Bologna di lasciarlo in cella, al 41bis, malgrado le sue condizioni di salute incompatibili con la detenzione carceraria, per la sua pericolosità, rimasta intatta, secondi i giudici malgrado fosse vecchio e malfermo. Cutolo, infatti, non si è mai distaccato dalla mentalità camorristica, non ha mai voluto intraprendere un percorso di collaborazione con la giustizia ed è sempre rimasto fedele alle sue convinzioni. Il suo primo omicidio l'ha commesso per questioni di onore, per difendere la sorella Rosetta dagli apprezzamenti di un giovane del suo paese.

Sulla sua vita sono stati scritti miriadi di articoli, libri e sono stati anche girati dei film. Don Raffaele rilasciò delle dichiarazioni agli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (il pm Ida Teresi e il capo della Dda dell'epoca, Giuseppe Borrelli, attuale procuratore a Salerno) rivelando di avere avuto addirittura la possibilità di impedire l'omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Furono parole «pesanti» quelle pronunciate dal professore, messe a verbale il 25 ottobre del 2016: «Potevo salvare Moro ma fui fermato». «Aiutai - spiegò Cutolo - l'assessore Cirillo (rapito e successivamente rilasciato dalle Br, ndr), potevo fare lo stesso con lo statista. Ma i politici mi dissero di non intromettermi». Nel '78 Cutolo era latitante e si sarebbe fatto avanti per cercare, sostiene lui, di salvare Moro. «Per Ciro Cirillo si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 18 Febbraio 2021, 00:32
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