Lorenzo, l'italiano blindato a Wuhan: «Dopo due mesi abbiamo 2 ore d'aria al giorno col timer sul telefonino»
di Angela Pederiva
L'ABITUDINE
Ascoltare la testimonianza di Mastrotto, in diretta WhatsApp dal capoluogo della provincia di Hubei, è un po' come vedere un film in anteprima. «Capisco bene cosa stanno vivendo adesso i veneti, perché ci sono passato anch'io con la mia famiglia. All'inizio abbiamo provato paura e preoccupazione, ma poi ci siamo adattati, direi quasi rassegnati. Fino al 20 febbraio eravamo obbligati a stare in casa, ma ancora potevamo uscire per fare la spesa, dopodiché sono state possibili solo le consegne a domicilio. Siccome di questo virus non sapevamo niente, tanto che perfino i virologi dicevano tutto e il contrario di tutto, nel dubbio in quel periodo prendevamo ogni precauzione possibile. Portavamo sempre la mascherina. Proteggevamo gli occhi: io solo con gli occhiali, ma una nostra amica addirittura con la maschera da sub... Indossavamo scarpe e vestiti vecchi, in modo da poterli buttare. Ma anche adesso ci è rimasta l'abitudine di evitare l'infezione. Per dire: la scorsa settimana ci hanno mandato un parrucchiere davanti al palazzo, per consentirci finalmente di tagliarci i capelli. Quando siamo rientrati in appartamento, abbiamo disinfettato le suole, le chiavi, i cellulari».
IL LAVORO E LA SPESA
Lorenzo è tuttora in smart working con la sua azienda di Montecchio Maggiore, mentre Anny ha ripreso gradualmente ad andare a lavoro. «Le macchine devono ancora stare ferme e da straniero io non posso ancora prendere la metro. Invece lei è accompagnata da un autista autorizzato, ma in ufficio sono in dieci e vanno a turni di cinque al giorno, per stare distanti, portandosi da casa la ciotola di riso da scaldare perché non possono uscire in pausa pranzo. Del resto bar e ristoranti sono tuttora chiusi, i negozi di alimentari stanno riaprendo ma non permettono l'ingresso. Funziona così. Bisogna ottenere un certificato che attesta la sana e robusta costituzione dopo due mesi di isolamento domiciliare, perché anche qui a Wuhan c'è il problema degli asintomatici, come sento dire dal governatore Luca Zaia in Veneto. In questo modo il codice QR sul telefonino diventa verde e si può uscire massimo due ore al giorno, per andare al market. Ci mettiamo in coda, consegniamo la lista all'addetto che sta sulla porta, riceviamo la spesa e torniamo a casa. Ancora non troviamo il cappuccino o la pizza margherita con la mozzarella di bufala che piace ai nostri bambini... Ma rispetto ai primi giorni di emergenza, quando a mezzanotte ci collegavamo alla app per gli acquisti online e un minuto dopo erano già esauriti sale e zucchero, adesso troviamo tutto quello che ci serve per vivere. Siamo anche riusciti a ordinare un tiramisù...».
LO SPIRAGLIO
Primi sprazzi di normalità, malgrado tutto. «La gente sta cominciando a tirare un sospiro di sollievo, anche se non è finita, considerando peraltro che la crisi economica morderà un Paese pur giovane come la Cina. Dobbiamo stare ancora molto in casa, il che a Wuhan significa isolarsi in un appartamento, non in una casetta con giardino come fortunatamente succede spesso in Veneto. Per questo, se posso dare un consiglio, vi suggerisco di stringere un altro po' i denti, anche perché avete dimostrato di saper reagire bene con le misure e avete avuto un po' di fortuna rispetto alla Lombardia o all'Emilia Romagna. Se tutto procede come a Wuhan, fra sette-dieci giorni potrete cominciare a vedere uno spiraglio. Poi vi ci vorrà un altro mesetto, ma vedrete calare drasticamente i numeri e vi darete coraggio. Com'è successo a noi».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 1 Aprile 2020, 13:31
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