Lamezia Terme, al Pronto Soccorso carta forno e nastro adesivo per “difendersi” da un malato di Covid-19

Al Pronto soccorso cartaforno e nastro adesivo per “difendersi” da un malato di Covid-19

di Mario Meliadò
A metà marzo, era esplosa la polemica perché le generalità di una persona affetta da coronavirus erano finite in Rete, con tanto di “gogna” sui social network. Adesso però Lamezia Terme è di nuovo un “caso”, in relazione al Covid-19, per via dell’ospedale: al Pronto soccorso lametino, all’arrivo di un paziente probabilmente contagiato, gli operatori sanitari hanno ben pensato di tutelare se stessi anziché il malato. E per farlo, incredibile ma vero, hanno eretto una “cortina” fatta di carta forno (l’ordinario domopak che si può spesso trovare in cucina) e nastro adesivo per i pacchi.

La denuncia è arrivata dalla presidente dell’associazione “Senza nodi” Nadia Donato, ma in un batter d’occhio è diventata virale sul web. Un punto interrogativo enorme su come si possano accettare ricoveri di persone affette da coronavirus in una struttura, l’Ospedale di Lamezia, ritenuta assolutamente inadatto allo scopo: a corredo, la foto di come il personale si era “arroccato” per tutelare la propria salute dall’incombente propagazione del virus, mediante un muraglione artigianale composto di carta forno e di un bel po’ d’adesivo…

L’antefatto non è meno preoccupante: riguarda il motivo dell’arrivo di contagiati di coronavirus dalla non lontana Chiaravalle, ossia l’esplosione di decine e decine di casi di Covid-19 in una locale casa di cura molto frequentata, la “Domus Aurea”. Ma riguarda soprattutto la circostanza che, all’arrivo di alcuni pazienti affetti da Covid-19, il 31 marzo scorso a Lamezia Terme (con 70mila abitanti la quarta città calabrese per popolazione, non un paesino) esplose la protesta: proprio il personale del Pronto soccorso e lo stesso sindaco Paolo Mascaro fecero fuoco e fiamme, ottenendo una riunione col direttore sanitario del presidio ospedaliero mirata a impedire il ricovero delle persone contagiate. Questo perché a tutt’oggi la struttura spoke lametina – come già osservato dalla Commissione Risk management in questi giorni, e da molto più tempo lamentato da varie associazioni di Lamezia – non risulterebbe dotata di mezzi e luoghi idonei a ospitare pazienti con patologie di questo tipo assicurando l’incolumità degli operatori sanitari.

«Non ci sono le condizioni per il ricovero di questi malati all’Ospedale di Lamezia Terme. Non lo diciamo per egoismo o perché non intendiamo dare solidarietà – aveva scandito il primo cittadino Mascaro – ma, al contrario, perché i pazienti non potrebbero ricevere l’assistenza di cui hanno bisogno e la loro presenza potrebbe invece creare un nuovo, pericolosissimo focolaio del virus: del resto, solo il 26 marzo una circolare firmata dal presidente della Regione Jole Santelli, dal dg del Dipartimento regionale Tutela della Salute Antonio Belcastro e dal commissario per il Piano di rientro generale Saverio Cotticelli aveva chiarito che i pazienti Covid-19 possono essere ospitati solo negli hub ospedalieri calabresi. Ecco perché questa scelta scellerata va immediatamente revocata».


Solo in queste ore è venuta fuori la foto “incriminata”, che mostra come gli operatori del Pronto soccorso avevano pensato di “difendersi” dal Covid-19: «Se gestire un sospetto Covid lo si fa con nastro isolante e domopak, come si può gestire un malato positivo? Senza struttura e senza mezzi – si chiede “Senza nodi” – cosa si può dare a quelle persone che già tanto hanno subìto? Ci vogliono personale, struttura, mezzi e supporti adeguati, la politica intervenga sùbito».

Nel frattempo però il commissario straordinario dell’Asp di Catanzaro Luisa Latella ha replicato alla denuncia della Donato, facendo presente che la foto illustra «una separazione dell’ampiezza di una porta tra due box d’assistenza nel Pronto soccorso», che sarebbe stata «eretta momentaneamente al solo scopo di permettere al prodotto utilizzato per la sanificazione ambientale di agire in uno dei due box, precedentemente occupato da un paziente sospetto Covid» in una situazione d’emergenza. Invece, i dispositivi di protezione individuale – che vengono anche meticolosamente elencati per numero e tipologia – per il personale del Pronto soccorso «sono garantiti – rimarca la Latella –, per le specifiche prestazioni d’assistenza a pazienti sospetti Covid e non Covid».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Aprile 2020, 01:42
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