Incidente Corso Francia, il dibattito. Palombelli, Daniele, Crescimbeni, Jerkov: opinioni a confronto

Incidente Corso Francia, Palombelli, Daniele, Crescimbeni, Jerkov: i perché di una tragedia
Barbara Palombelli: «Basta ipocrisie. Anche io a 16 anni ho sfidato la morte senza saperlo»

È stato il Natale di Gaia, Camilla e Pietro.
Tre famiglie devastate, due ragazze che non ci sono più, un giovane che vivrà per sempre con i due fantasmi delle bellissime adolescenti accanto... tutti perdenti, tutti perduti in una striscia di asfalto maledetta che conosco come casa mia... un viadotto che collega la parte moderna della città con i quartieri dell'inizio secolo.
Un ponte con le aquile, un viadotto avveniristico, la memoria delle Olimpiadi... e i sedici anni: l'età in cui si sfida la morte per iniziare la vita.
Non voglio essere ipocrita: potevo essere io quella ragazza schiacciata a morte con la sua amica del cuore!
Io, con la mia - Silvia - facevo l'autostop fra Parioli e Flaminio, proprio sotto a corso Francia, giravamo con motorini improbabili in due, accettavamo passaggi in moto da chiunque... potevamo essere tutti Pietro: a corso Francia si parte, di notte, col semaforo verde e si tira dritto fino su al bivio che divide Flaminio e Parioli, sopra l'Auditorium realizzato da mio marito.
Tutti i giorni, muovendomi fra gli studi televisivi, percorro quelle strade... le vedo, le vedremo tutti sempre, Gaia e Camilla che corrono tenendosi per mano... non si chiamerà più corso Francia, si chiamerà corso di Gaia e Camilla, il loro volo verso la vita si è fermato nel cuore di tutti i romani.

 Eleonora Daniele: «Le regole non sono fatte per essere infrante, ma ai ragazzi non è chiaro»

 A distanza di due settimane dall'incidente di corso Francia, altre tragedie sono avvenute sotto i nostri occhi, l'ultima in ordine di tempo quella di Lutago, dove un 28enne ha travolto e ucciso un gruppo di persone che si trovava a bordo strada. Il giovane, aveva un tasso alcolemico elevato, pari a 1,97 grammi/litro, ovvero poco più di quell' 1,4 trovato nel sangue di Pietro Genovese, 20 anni, accusato di omicidio plurimo per la morte di Camilla e Gaia, 16enni.
La prima domanda spontanea è perché un ragazzo di vent'anni non segua le regole pensando di poter fare ciò che vuole? Le regole non sono fatte per essere infrante, e questo a molti giovani neopatentati è poco chiaro. È stato un maledetto destino a portare alla morte Camilla e Gaia, o quella superbia tipica adolescenziale di sfidare la legge, che anche noi provavamo a quell'età? Quante volte abbiamo duellato con la sorte, sentendoci forti e invincibili? Ora si giocherà tutto sulle super perizie: Camilla e Gaia dove si trovavano quando sono state travolte? Hanno guardato prima di oltrepassare il limite tra la loro giovane vita e la morte? Quanto veloce andava Pietro?
Non me la sento di prendere una posizione, abbiamo fallito tutti quella sera. Ci sentiamo vicini a questa storia troppo mediatica, perché ci siamo chiesti: se fosse capitato a me? A una distrazione delle mie figlie? E se fossi stato io alla guida del Suv di Genovese, sarei riuscito a fermarmi in tempo? Nessuna guerra sulle perizie riporterà alla vita le due 16enni, come nessun pentimento potrà cancellare il senso di colpa del giovane Pietro. Nessuna consolazione, solo tanto dolore.

Barbara Jerkov: «Tutti potevamo essere al loro posto. Da quella notte non penso ad altro»

Gaia, Camilla, Pietro. I loro genitori. Tutti loro potevamo essere noi. È per questo che la tragedia di Natale ha colpito nel profondo. Le ragazze di corsa, di notte, sotto la pioggia, hanno attraversato col rosso per far prima? Chi non ha mai fatto lo stesso? E quale genitore non ha tremato ogni volta che il proprio figlio è rimasto fuori la sera un po' più a lungo, temendo il peggio perché - come dice il verso - esser madre è un inferno?
Ma, almeno nel mio caso, chi può dire che al posto di Pietro sarebbe stato certamente capace di evitare l'incidente che ha ucciso Gaia e Camilla? Lo confesso, io no. Anche io ero in auto quella stessa sera, di ritorno con mio marito alla guida da una cena con amici. Anche noi avevamo bevuto due o tre bicchieri di vino come ha detto Pietro ai pm. Anche noi ci siamo messi al volante sotto la pioggia. Anche noi - non ho controllato, ma non mi sento affatto di escluderlo - avremo infranto qualche limite di velocità per tornare prima a casa. Il fato ha voluto che a noi andasse tutto bene, a Pietro, a Gaia, a Camilla no.
Per di più - se i fatti accertati saranno proprio questi - Pietro sarebbe passato con il verde. Le povere ragazze con il rosso. Loro sono morte, lui è agli arresti per omicidio stradale. Di chi è la responsabilità? Davvero, senza voler offendere o ferire nessuno, da quella notte non smetto di chiedermelo. Perché tutti loro, e i loro genitori, potremmo essere noi.

Costanza Crescimbeni: «Noi genitori condannati all'incubo della telefonata»

Lo striscione sul cavalcavia. Fiori, biglietti, peluche sul guard rail maledetto, un murales. Gaia e Camilla, 16 anni, falciate, mentre attraversavano mano nella mano. Ogni genitore, passando su quella sorta di superstrada che si chiama Corso Francia, prova un senso di angoscia. Perché sappiamo che potrebbe capitare ciò che nel suo ultimo romanzo Il colibrì Sandro Veronesi descrive cosi: E infine venne. Venne, la telefonata che tutti i genitori temono come l'inferno, perché è l'inferno, è la porta dell'inferno, e per fortuna viene per pochi, terrorizza tutti, ma viene solo per pochi genitori disgraziati, predestinati, segnati....
La telefonata nel cuore della notte. L'incubo di qualsiasi genitore quando i figli escono, l'incapacità di prender sonno finché non senti la chiave girare nella porta. Sfida, incoscienza, leggerezza, fatalità: parole che accompagnano l'esistenza dei nostri figli adolescenti. Loro da una parte, noi dall'altra a ripetere in loop: stai attento, non bere, non correre, non usare il telefonino alla guida, non è videogioco. Non fanno quello che sanno, ha scritto Famiglia Cristiana. Non fanno ciò che raccomandiamo loro ogni giorno. Ma del resto che adolescenza sarebbe senza la trasgressione. Scialla, mamma: quanti WhatsApp simili conserviamo mentre oscilliamo tra il proibire o l'avere fiducia. Non esiste la formula magica: solo l'esperienza insegna. Sbagliando si impara, sperando che lo sbaglio non sia irreparabile. Questo vale per i ragazzi e per noi genitori che abbiamo l'obbligo di tenere sempre vivo il canale di comunicazione. Con la speranza che quello striscione a Corso Francia faccia davvero riflettere i nostri figli.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Gennaio 2020, 10:44
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