Inchiesta Covid, «Speranza era nel pallone», «Tamponi a tutti? Una c***ata». Le chat degli esperti a febbraio 2020

Negli atti dell'inchiesta dei pm di Bergamo le parole degli esperti preoccupati dai primi contagi. E il sindaco di Nembro accusava le lobby: "Bar e ristoranti andavano chiusi prima"

Inchiesta Covid, «Speranza era nel pallone», «Tamponi a tutti? Una c***ata» Le chat degli esperti a febbraio 2020

di Domenico Zurlo

Emergono ancora altri particolari sui drammatici giorni della prima ondata del Covid-19, del febbraio di tre anni fa, quando dopo i primi casi registrati in Italia scattò la preoccupazione tra le autorità su come affrontare quella che era ancora un'epidemia, e che presto sarebbe diventata una pandemia mondiale con centinaia di milioni di casi e diversi milioni di morti. Le ultime rivelazioni di oggi, scrive l'agenzia ANSA, sono sulle chat del presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, ma anche di altri esperti (tra cui Ranieri Guerra, Franco Locatelli e Giuseppe Ruocco) su come affrontare la situazione nei giorni dei primi contagi.

Quando in Lombardia si invocava la zona rossa: «Zangrillo sborone». La rabbia di Gallera

Conte ai pm: «Fontana non chiese zona rossa». Il giallo del piano segreto e i ritardi per tradurre dall'inglese

Covid, Crisanti: «All'ospedale di Alzano il virus circolava già due settimane prima del Paziente 1»

«Conte diceva: che guaio. Speranza era nel pallone»

«A mezzogiorno viene Conte a fare il punto; è molto molto preoccupato. Stasera non faceva altro che dire: 'che guaio'». È il messaggio WhatsApp inviato il 22 febbraio 2020 poco prima delle 2 di notte da Giuseppe Ruocco, ex segretario generale del ministero della Salute, a una funzionaria ministeriale e che ora è agli atti dell'inchiesta di Bergamo. Il dirigente raccontava alla donna nelle ore successive alla scoperta di Paziente 1 quello che accadeva nei palazzi romani. In un messaggio del giorno dopo scriveva «qui si stanno demoralizzando tutti, e il Ministro ormai è nel pallone».

Pallone o meno, Speranza non le mandava a dire agli esperti: a Brusaferro, in un dialogo via chat del 4 marzo 2020, diceva candidamente «Così ci mandate a sbattere». In quei giorni sul tavolo - nel pieno della diffusione del Covid - c'è da decidere sulla chiusura o meno delle scuole. Una valutazione difficile per il comitato di esperti, in mancanza di evidenza anche dal resto d'Europa, che però crea tensioni all'interno della macchina decisionale. «Non abbiamo tempo. Paese col fiato sospeso. Non si può dare segnale incertezza altrimenti si perde ogni credibilità», scrive l'ex ministro. 

Brusaferro e i tamponi a tappeto

Il 22 febbraio 2020, il giorno dopo Paziente 1, il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro è scettico sull'uso dei tamponi a tappeto. Lo dimostra una chat con Francesco Curcio direttore del Dipartimento di medicina di Laboratorio di Udine. agli atti dell'inchiesta di Bergamo sul Covid in Val Seriana. «Il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa», scriveva Brusaferro. In quel periodo la valutazione era non procedere con l'«uso massiccio dei tamponi», anche se da Londra era stato comunicato che «oltre 2/3 dei portatori sani provenienti dalla Cina sono rimasi 'undetected' e hanno avuto il tempo di diffondere il virus». 

Brusaferro, quel giorno, commentava la situazione: «come puoi immaginare siamo in continuazione in comitato di crisi». E Curcio: «ho immaginato. Noi siamo preparati». Brusaferro: «Il punto è l'adozione sistematica delle precauzioni standard, droplets area». Il Direttore del Dipartimento di Udine proseguiva:«Qui il problema adesso è l'iperafflusso: in un paio di ore abbiamo già un centinaio di richieste di test. Rischiamo di saturare i sistemi di accoglienza e quelli di diagnosi».

Il Presidente dell'Iss rispondeva «già il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa». «E poi così con questi numeri - osservava Curcio - adesso, senza una vera emergenza non oso pensare alle richieste che faranno quando avremo i primo casi. Facciamo presto a rimanere senza materiali». Allora si era deciso di eseguire i tamponi ai soli casi di sindrome simil-influenzale e di sindrome da distress respiratorio acuto.

Inoltre annotano nella loro relazione gli investigatori, Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, «evidenziava l'inutilità di sottoporre a tampone le persone asintomatiche ed il Ministero faceva propria questa indicazione, benchè il 25 febbraio 2020, i tecnici, tra cui lo stesso Brusaferro, avessero ricevuto una mail da Londra su problema degli asintomatici. Sempre il 25 febbraio il Presidente dell'Iss in un messaggio aveva affermato che
«la polemica su tutte le sindromi simil influenzali da tamponare sta scoppiando! dobbiamo proporre rapidamente una soluzione».

Secondo la relazione tra i motivi per cui già allora non si sia proceduto con tamponi a tappeto trova anche spiegazione nel fatto che
«né il Ministero, né la task force istituita presso il Gabinetto, né il CTS, né, tantomeno, le Regioni, avevano previsto lo stoccaggio di tamponi e di reagenti, ma si erano limitati ad una semplice ricognizione dell'esistente. Nulla era stato fatto nemmeno riguardo l'ampliamento del numero di laboratori in grado di diagnosticare il Covid», tant'è che nelle prime settimane dell'epidemia «i tamponi processati nei laboratori regionali dovevano poi essere trasmessi a Roma per la conferma da parte del laboratorio dell'ISS».

«In Lombardia c'è focolaio, ma abbiamo piano»

«C'è un focolaio in Lombardia, ma fortunatamente c'è un piano d'azione», diceva invece Brusaferro il 21 febbraio 2020, in una chat con un gruppo di funzionari dell'Istituto. Sono da poco passate le 7 del mattino e Brusaferro 'sveglia' il suo staff con questo messaggio: «Buon giorno. Oggi sarà giornata impegnativa, c'è un focolaio in Lombardia. Teniamoci in contatto». «Siamo già a focolaio? - chiede subito uno del gruppo - Ma quindi il caso è confermato?». «Non ancora - replica Brusaferro - ma c'è un secondo caso sospetto. E la probabilità è molto alta». «Ci mancava» chiosa una funzionaria. «Già - prosegue Brusaferro - ma fortunatamente c'è un piano di azione».

Più tardi il presidente dell'Iss scrive ad Alberto Zoli, componente del Cts: «Stiamo arrivando con ministro.

Fammi sapere se ci sono elementi critici che ti possano aiutare». Zoli risponde: «Sta tutto nell'isolamento preventivo non volontario ma obbligatorio (quest'ultima parola in maiuscolo, ndr). Quindi scuole chiuse, esercizi pubblici chiusi e tutte le altre disposizioni che hanno adottato i cinesi. Dobbiamo far partire quanto previsto con ordinanza al livello 1 del piano illustrato ieri. Adesso abbiamo 6 positivi di cui 4 in TI». «Ministro già firmata ordinanza con livello 1 - risponde Brusaferro - con quarantena obbligatoria». «Molto bene, bravi» seguito da due punti esclamativi, risponde Zoli.

Guerra: «Fare tamponi a tutti è una c***ata»

«Ma fare tamponi a tutti adesso è la cazzata del secolo». Così il 15 marzo 2020, in pieno lockdown, Ranieri Guerra, allora numero due dell'Oms commentava via WhatsApp con Brusaferro, presidente dell'Iss a cui aveva chiesto se era vera la decisione «di fare tampini a tutti a tappeto». Nella chat, agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid in Val Seriana, Brusaferro rispondeva a Guerra «No è che ognuno va per conto suo». E il direttore vicario dell'Oms rassicurava: «ho parlato con Galli, poi, e gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti... ha convenuto, spero...».

Ruocco su Speranza, Berlusconi, Meloni e Salvini

«Abbiamo finalmente partorito la circolare dopo 4 giorni estenuanti! Ora vuole raccogliere le informazioni su tutti i voli in arrivo in Italia su tutti i passeggeri, perché lo suggerisce Forza Italia». È uno stralcio della chat di WhatsApp tra Giuseppe Ruocco, ex segretario generale del ministero della Salute ed ex direttore generale della Prevenzione, e una funzionaria ministeriale, e ora agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid in Val Seriana. «La circolare un successone - ha proseguito Ruocco l'8 febbraio 2020 - anche senza obbligo di isolamento. Lodi sperticate al Ministro dai leghisti. Modestamente (anche no) è un compromesso trovato da me».

Ruocco, due giorni dopo a proposito di quanto accadeva negli uffici ministeriali, ha raccontato: «mi sono dimenticato ieri di dirti che il Ministro ha elogiato la correttezza di Berlusca e Meloni, che 'hanno senso dello Stato' mentre Salvini cercato 6 volte non gli ha neppure risposto ('un trappano' ha commentato)». «Perché mì diciamolo che deve fare di più 'sto poveraccio - ha proseguito il tecnico - Già abbiamo esagerato. Tanto, come ha detto la Capua, arriverà, moltissimi si ammaleranno, qualcuno morirà ma non sparirà l'umanità».

«Sta succedendo di tutto: pareri del comitato difformi da Conte e Ministro, ripensamenti sollecitati, gente richiamata a venire qui, la guerra mondiale», diceva ancora Ruocco a una funzionaria del Ministero. Ruocco, il 29/2/2020 scriveva: «Mancano le maschere, Conte ci fa cambiare le misure per la prossima settimana (chiusure/aperture) mano a mano che sentono le regioni; ci chiedono di ipotizzare ospedali da campo e attrezzature relative; ci chiedono linee guida per la gestione sub intensiva dei pazienti etc etc».

 

Sindaco Nembro: «Lobby hanno lasciato bar e ristoranti aperti»

«Anch'io sarei stato drastico su ristoranti, bar, centri sportivi etc.. E Invece le varie lobby li hanno lasciati aperti. Sbagliato. Se devi intervenire, intervieni in modo rigido, altrimenti non serve». Così la sera del 3 marzo 2020 in un messaggio Whatsapp il sindaco di Nembro Claudio Cancelli, commentava al telefono con un imprenditore della zona la notizia, che circolava, della istituzione della zona rossa in Val Seriana. La chat è agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Covid.

La chat tra il sindaco e il titolare di una impresa locale testimonia l'attesa e l'incertezza sulla chiusura dell'area che comprendeva anche il comune di Alzano. Con l'imprenditore che scriveva «ho sentito le novità che pare non siano buone. Diventiamo zona rossa? » E il primo cittadino che rispondeva: «adesso è più di una voce. Però aspettiamo, non sono convinto che la adottino subito». «Dipende dai numeri, se continuano a crescere. - osservava l'imprenditore -. Sinceramente avrei chiuso tutti i punti di aggregazione. Noto tutte le mattine anziani ai tavolini dei bar. Io li avrei chiusi. Cosi come i ristoranti».

Il 4 marzo il titolare dell'impresa locale scriveva di nuovo a Cancelli: «Appena ha qualche informazione sulla possibile zona rossa la prego di avvisarmi in modo tale che possa avere il tempo necessario per fermare l'azienda e metterla in sicurezza». La replica: «non sappiamo ancora nulla. Spero ci avvisino un po' prima. C'è ancora qualcuno che ha speranza che non venga dichiarata. Vediamo». Qualche ora dopo il sindaco replicava al suo interlocutore di non sapere ancora nulla, aggiungendo che «in passato informatori affidabili interni alle strutture avevano già detto così e poi non è successo». Infine a sera Cancelli avvertiva l'imprenditore che: «la decisione sembra rinviata a ad una valutazione sabato». 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Marzo 2023, 12:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA