Ucraina, è guerra di logoramento: Mosca pronta a trattare. E Putin silura il supergenerale Dvornikov

I russi avanzano in Donbass ma con costi enormi. Medvedev: sì al dialogo

Ucraina, è guerra di logoramento: Mosca pronta a trattare. E Putin silura il supergenerale Dvornikov

Mosca non chiude al dialogo. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, intervistato da Al Jazeera, ha prospettato la ripresa dei negoziati: «Il nostro Paese non si è mai escluso dai contatti internazionali. Siamo pronti a parlare, a condurre un confronto su qualsiasi questione, ma basato sul rispetto». Queste dichiarazioni sono state rilanciate dall’agenzia di stampa russa Interfax e dunque hanno un certo peso. Medvedev, ex presidente della Federazione russa, ha aggiunto: «Il rifiuto dell’Ucraina di accordarsi potrebbe significare la perdita della sua sovranità nazionale». Come dire: Kiev rinunci a parte del territorio per evitare guai peggiori. Zelensky, in un discorso in coincidenza con i 100 giorni di guerra, ha però ripetuto: «La vittoria sarà nostra».

Cosa sta succedendo? Davvero si avvicina la ripartenza dei negoziati che, secondo Medvedev, si sono fermati a causa dello scarso realismo di Kiev? Andiamo per gradi. Ieri il generale Alexander Dvornikov, conosciuto con il poco lusinghiero nickname di “macellaio della Siria”, chiamato da Putin a risollevare le sorti della guerra in Ucraina, è stato rimosso. Al suo posto è stato nominato come comandante delle operazioni il generale Gennady Zhdiko, vice ministro della Difesa. La notizia è stata diffusa dal Kyev Indipendent che cita il Conflict Intelligence Team (gruppo di analisti indipendenti che fanno capo all’opposizione in Russia). In sintesi: manca l’ufficialità, ma questa ipotesi circola da diversi giorni ed era stata rilanciata anche dalla stampa occidentale, dal New York Times al Daily Mail. Se sarà confermata, andrà a scardinare la tesi secondo cui, dopo il fallimento dell’avanzata su Kiev, i russi starebbero trionfando nel Donbass.

Scenari

Putin ha già rimosso molti generali dal 24 febbraio, ma l’allontanamento di Dvornikov sarebbe la dimostrazione di che ciò che ha scritto l’Intelligence britannica: la Russia registra sì un successo tattico nel Donbass, ma ad oggi, rispetto al piano iniziale, nessun risultato strategico è stato ottenuto; vero, ora controlla il 90 per cento del Lugansk (una delle due regioni che formano il Donbass, l’altra è il Donetsk), ma «questo è costato carissimo in termini di risorse». Nelle prossime due settimane dovrebbe ottenere il pieno controllo del Lugansk, per poi concentrarsi sul Donetsk (come osserva il think tank Usa Isw), «ma è improbabile che abbia le forze necessarie per conquistarlo interamente». Fin qui lo scenario bellico, ancora sfuggente: la Russia vince nel Donbass, ma a caro prezzo. Nel corso della giornata il portavoce del Cremlino, Peskov, ha spiegato: abbiamo ottenuto già alcuni risultati, andremo avanti fino a quando non avremo raggiunto tutti gli obiettivi. Mettendo insieme i pezzi del puzzle viene da dire: una volta preso il Lugansk e parte del Donetsk, la Russia si siederà al tavolo del negoziati per partire dallo status quo e trattare. La durata della guerra potrebbe essere meno lunga di quanto previsto ad esempio dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che invece parla di «logoramento». Secondo il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa, però, il conflitto durerà al massimo altri due mesi perché «le risorse non sono infinite», «i russi stanno tirando fuori dalla naftalina carri armati vecchi mezzo secolo».

Su una possibile epilogo legato al Donbass, molti analisti invitano alla prudenza: potrebbe essere Kiev a non accettare la perdita di pezzi importanti di territorio.

Obiettivi

Spiega Francesca Manenti, direttore del Cesvi (centro studi internazionali): «I russi nel Donbass vogliono due cose: visto che non è stato raggiunto l’obiettivo che avevano all’inizio, ora devono presentare un risultato accettabile all’opinione pubblica, affermando la narrativa secondo cui sono intervenuti non come aggressori, ma come potenza che ha agito per tutelare i diritti della popolazione filo russa nel Donbass; allo stesso tempo puntano a creare a Est una sorta di continuità territoriale con la Crimea, un caso aperto nel 2014 che per la Russia non è mai stato chiuso».

 

C’è il rischio che Mosca intenda andare oltre, fino a Odessa, per sottrarre ogni affaccio sul mare all’Ucraina? «Questo non lo sappiamo - dice Francesca Manenti - sarebbe, dal punto di vista russo, l’optimum perché renderebbe l’Ucraina totalmente dipendente da Mosca per la propria sicurezza alimentare. E ridimensionerebbe il peso internazionale ucraino. Ma è tutto da vedere che la Russia abbia la forza per arrivare fino a Odessa. Il consolidamento del controllo del Lugansk e del Donetsk darebbe a Mosca quel risultato minimo da presentare alla propria opinione pubblica per giustificare quella che chiamano operazione militare speciale». Ma l’Ucraina accetterà, una volta perso il Lugansk e magari una parte del Donetsk, di negoziare? «Altra incognita. Anche Zelensky dovrebbe spiegare alla propria opinione pubblica una eventuale rinuncia a parte del territorio ucraino, dovrebbe giustificare l’accettazione di una sorta di “vittoria mutilata”».


Ultimo aggiornamento: Sabato 4 Giugno 2022, 08:59
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