Tragedia del viadotto, Filippone e la trappola per uccidere la moglie: «Facciamoci un selfie»
Disegno criminale nella testa di Fausto Filippone per sterminare la sua famiglia che ora, man mano che gli investigatori mettono in fila tutti i tasselli delle indagini, emerge sempre più chiaro, anche da quel dettaglio che, adesso, sembra ancora più inquietante: pochi mesi fa, Fausto Filippone aveva fatto richiesta di porto d’armi per il tiro a volo. Ma nell'incertezza dell'eventuale rilascio, e dei tempi necessari per ottenerlo, ha deciso di dare un'accelerazione al desiderio di imporre la parola fine su quella famiglia descritta da tutti come una famiglia modello. E così, con una scusa, «andiamo a comprare la lavatrice», ha prima teso una trappola alla moglie, portandola invece nell'appartamento di piazza Roccaraso 18, a Chieti scalo. E sul balcone di quella casa che l'uomo era solito affittare agli studenti, si è consumato il primo delitto. Una scaletta trovata sul lato sinistro del balcone, «compatibile con la traiettoria della caduta della donna», è per la squadra mobile di Chieti la prova del tranello studiato a tavolino: «Facciamo un selfie sul balcone», e l'ha spinta giù. La prof di lettere, soccorsa agonizzante come raccontano i vicini di casa, è morta due ore più tardi in ospedale.
Omicidio studiato e quindi premeditato. «Non un suicidio, né un malore», ha stabilito Cristian D'Ovidio, il medico legale che ha eseguito l'autopsia sul corpo della donna, interpretando la dinamica della caduta. E in quella casa non è stato trovato alcun segno di colluttazione, non s'è trattato, dunque, di un delitto d'impeto al culmine di una lite. Filippone è poi sceso nel piazzale e ha fornito ai soccorritori del 118 false generalità della moglie, forse per potersi ritagliare qualche momento in più per fuggire e portare a termine il suo disegno criminale.
Nessuno lo ha fermato. Nemmeno la volante della polizia che era già sul posto. Il manager 49enne è così tornato nella sua casa di via Punta Penna a Pescara, per prendere la piccola Ludovica: «Papà ti fa una sorpresa», le aveva fatto dire dalla zia e lei s'era fatta trovare in strada ad attenderlo. L'ha caricata in macchina ed è salito fino al cavalcavia dell'autostrada a Francavilla al Mare. E l'ha buttata di sotto. Poi, dopo sette ore aggrappato a quella rete del parapetto del viadotto, senza voler ascoltare i mediatori che hanno cercato di fermarlo, si è buttato giù.
Quindici mesi fa qualcosa in lui si era rotto, quando, ad agosto scorso, aveva perso la madre, e questo lo ha trascinato in una spirale depressiva autodistruttiva nella quale ha tirato dentro le persone a lui più care, la moglie Marina Angrilli e la loro piccola bimba, Ludovica.
Francesco Angrilli, fratello di Marina, ha escluso il movente passionale, ipotizzato da quelle parole attribuite a Filippone: «Mia moglie deve farsi un esame di coscienza». «Mia sorella era una madre, moglie e insegnante irreprensibile, da prendere come esempio. Certe notizie sono inaccettabili», dice Francesco Angrilli, che con i parenti tutti venerdì si stringerà attorno alla piccola bara bianca di Ludovica e a quella più grande della sua mamma Marina, entrambe vittime del disegno ciminale di Fausto Filippone.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 24 Maggio 2018, 11:20
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