Siracusa, famiglia finlandese in fuga. La madre: «Quella scuola era troppo brutta..»

Elin Mattsson, con le sue parole, ha scatenato il dibattito social (e non solo) sul sistema scolastico italiano e sui social ha voluto ribadire e spiegare la sua posizione

Famiglia finlandese in fuga da Siracusa, la madre: «Quella scuola era troppo brutta..»

di Niccolò Dainelli

La sua lettera di denuncia al sistema scolastico italiano ha scatenato un acceso dibattito sui social network e in tutta Italia. E adesso Elin Mattsson, la pittrice finlandese scappata con la sua famiglia da Siracusa, dove aveva deciso di vivere per poi cambiare idea dopo soli due mesi, su Facebook torna a parlare. «Se c’è qualcosa che non va non tengo la bocca chiusa. Sono contenta che le mie parole abbiano aperto un dibattito e spero che il sistema scolastico italiano migliori. Quella scuola era talmente brutta che non potevo più vedere i miei figli lì». 

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Il nuovo attacco

 

Dopo aver fatto scoppiare il caos, Elin Mattsson torna a parlare a distanza di qualche giorno. La pittrice ha deciso di farlo sui social, rispondendo alle centinaia e centinaia di commenti ricevuti sulla sua bacheca Facebook in merito alla sua denucia all'Istituto scolastico Paolo Orsi di Siracusa che ha portato la sua famiglia a fuggire in Spagna. Mentre il preside dell'istituto sceglie il silenzio, di fronte alla lamentele della mamma, lei torna a ribadire i motivi che hanno portato la famiglia Mattsson a fare di nuovo i bagagli. La mamma finlandese spiega ora come fosse convinta che il sistema scolastico in Europa potesse essere uguale dappertutto, non rinnega la scelta di essersi trasferita, ma ammette di aver avuto la «sfortuna di scegliere una scuola in una brutta posizione, senza accesso a campi sportivi» e di chiarisce di aver scritto la lettera «con l’intento di aprire gli occhi e aiutare i bambini». 

«Niente contro l'Italia»

Lo sfogo della madre finlandese di quattro figli ha sollevato reazioni in tutta Italia, tra tutte quella del sindaco di Siracusa, che ha difeso la sua città e gli asili, ma anche i professori italiani che «con gli stipendi che hanno, fanno veri e propri miracoli». Ma Elin Mattsson tiene a precisare che la sua recriminazione non ha nulla a che vedere con il Bel Paese o con la Sicilia. «Non abbiamo problemi ad adeguarci alla cultura e sicuramente avremmo imparato anche l’italiano, bella lingua - scrive sui social -, ma nessuno a scuola dovrebbe sentirsi urlare contro e una scuola senza pause e aria fresca rende l’apprendimento più difficile per i ragazzi. I bambini dovrebbero essere bambini e imparare giocando». Elin, come la sua famiglia, ama la Sicilia, «ma la scuola era talmente brutta che non potevo più vedere i miei figli lì - sottolinea ancora -. Mi dispiaceva per il piccolo di 3 anni che doveva sedersi intorno a un tavolo, immobile e senza poter giocare all’aperto, come avrebbe dovuto. Era molto simile alla Finlandia di una volta. Ma ora è il 2023. Tutti dovremmo sapere che i bambini imparano giocando! Quindi sono solo soddisfatta se posso contribuire a una discussione che porti a standard migliori per i bambini».

Per poi concludere: «Bisogna sempre sperimentare cose diverse per avere una prospettiva. Viviamo solo una volta e vogliamo veramente provare culture diverse. I siciliani sono persone molto calde e gentili, non è colpa loro se il sistema scolastico è così».

La replica della professoressa

Sul tema venuto alla ribalta grazie alle parole di Elin Mattson, sempre sui social, è giunta anche la replica di un'insegnante di Siracusa, Mariella Lentini. Nella sua lunga lettera, indirizzata proprio alla madre finlandense, la professoressa per prima cosa ringrazia per aver stimolato questo dibattito, «dal momento che di scuola si parla sempre troppo poco, se non durante la campagna elettorale, per poi tornare a tacerne». La docente siciliana concorda sul fatto che «la scuola italiana vada riformata, che le linee guida vadano aggiornate, che le strutture fatiscenti debbano essere ammodernate, che il tempo pieno, specie al sud, vada potenziato e registro anche io poca formazione di una parte del corpo docente». Ma. Perché, in fondo, c'è un grosso ma, da sottolineare. «Credo però che il modello Finlandia vada bene per la Finlandia, che in due mesi é molto difficile comprendere cosa vuol dire vivere in una città agli ultimi posti della classifica per benessere di vita e che i nostri popoli siano molto differenti per numeri, trasporti, welfare, criminalità, modalità di concepire la famiglia e i rapporti. Per questo mi permetto di aggiungere che, provare ad applicare il proprio mondo a quello di un Paese ospitante sia un modo poco intelligente di viaggiare».


Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Marzo 2023, 23:54
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