Fake news in Italia, il rapporto Censis-Ital Communications: dai rischi alla necessità di regole

Le bufale viaggiano sui social, la pandemia le ha moltiplicate. Gli italiani chiedono più regole e professionalità

Fake news in Italia, il rapporto Censis-Ital Communications: dai rischi alla necessità di regole

Fake news in Italia, la disinformazione viaggia veloce sul web ma gli italiani avvertono la necessità di maggiori regole e più professionalità contro le bufale. È quanto emerge dal rapporto dell'Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulle Agenzie di comunicazione in Italia. 

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Disinformazione, il potere dei social

Sono circa 14 milioni e mezzo gli italiani (il 30,1% dei 14-80enni) che utilizzano Facebook per avere notizie, con quote che raggiungono il 41,2% tra i laureati, il 39,5% dei soggetti con età compresa fra 30 e 44 anni, il 33% delle donne. Un potenziale informativo enorme, sfruttato durante la pandemia anche per le comunicazioni in diretta della Presidenza del Consiglio. E non c’è solo Facebook: il 12,6% della popolazione acquisisce informazioni su YouTube (e la quota è del 18% tra i giovani) e il 3% su Twitter (5% tra i più giovani). In genere i social sono utilizzati in combinazione con altre fonti informative. Ci sono, però, 4 milioni e mezzo di italiani che si informano solo sui social network e che sono particolarmente esposti alle fake news, che finiscono per influenzare la loro visione del mondo e condizionarne le scelte.

La bolla pericolosa di 'chi la pensa come te'

Se il web durante la pandemia ha consentito agli italiani di costruirsi una nuova quotidianità digitale da cui non torneranno indietro, non mancano gli aspetti contraddittori e negativi dell’utilizzo della rete, alcuni dei quali hanno un impatto diretto su informazione e fake news. Il 55,1% degli italiani è convinto che il digitale fomenti l’odio, il rancore, la conflittualità, con quote che arrivano al 58,9% tra le donne e al 58,4% tra i giovani under 34; e il 22,6% ha paura di cadere vittima degli haters. Il 46,4% della popolazione (51,4% tra i millennials) ritiene che il digitale non aiuti il dialogo tra idee diverse e porti a cercare sempre ‘chi la pensa come te’, mentre il 32,4% ammette di parlare sul web solo con persone che condividono le sue stesse idee per evitare sgradevoli discussioni. Insomma, di fronte al rischio di imbattersi in discorsi d’odio, attacchi e situazioni spiacevoli, chi naviga nel web si rifugia in ‘luoghi sicuri’ dove incontra persone con idee identiche che si alimentano reciprocamente, senza preoccuparsi se siano vere o no. Anche questi comportamenti, del tutto giustificati, finiscono per favorire il proliferare di fake news.

Disinformazione, il caso pandemia

Un evento inaspettato, improvviso, duraturo come l’epidemia da Covid-19 ha scatenato la domanda d’informazione a livello globale, prima sul virus, poi sui contagi, oggi sui vaccini, determinando comportamenti diversi, tale da determinare in Europa una maggioranza di vaccinati e una minoranza di no-vax. Secondo una recente indagine di Eurobarometro, il 61% dei cittadini europei ritiene che la più attendibile fonte di informazione sui vaccini siano virologi, medici e personale sanitario, ma tra i no-vax la quota scende al 32%; il 44% dei cittadini della Ue fa affidamento su quanto comunica l’autorità sanitaria nazionale, ma tra i no-vax la quota è del 12%.

Il 10% di chi non è vaccinato, per l’informazione sui vaccini, dà fiducia ai siti web e l’8% ai social network, contro il 5% della popolazione. È significativo che il 41% di chi ha deciso di non vaccinarsi non giudichi affidabile alcuna fonte informativa.

Esperti in tv ok per metà degli italiani

L’opinione in merito alla presenza mediatica degli esperti nei vari campi della medicina è positiva per oltre la metà degli italiani (54,2%). Infatti, essi sono stati indispensabili per avere indicazioni sui comportamenti corretti da adottare (15,5%) o perché sono stati utili per comprendere quello che accadeva (38,7%). I giudizi sono invece negativi per il 45,8%, in quanto virologi ed epidemiologi hanno creato confusione e disorientamento (34,4%) o sono stati addirittura dannosi, perché hanno provocato allarme (11,4%).

 

Gli italiani chiedono più regole sul web

L’86,8% degli italiani segnala che le notizie che viaggiano sul web dovrebbero essere sottoposte a regole e controlli più stringenti, a garanzia dell’utente e della qualità dell’informazione, chiamando in causa i gestori dei social media. L’intervento più urgente per arginare il proliferare di fake news sul web, segnalato dal 56,2% degli italiani, è quello di prevedere pene più severe per chi diffonde deliberatamente false notizie; segue il 52,2% che ritiene dovrebbe essere introdotto l’obbligo, da parte delle piattaforme, di rimuovere le fake news, un dato che sale al 57,5% tra i 35- 64enni; mentre il 41,5% è convinto che i social media debbano attivare sistemi di controllo (il cosiddetto fact checking) delle notizie pubblicate, con quote che superano il 50% tra i giovani al di sotto dei 34 anni e tra coloro che possiedono titoli di studio più elevati. 

Disinformazione, la professionalità per contrastarla

Il coronavirus ha portato all’attenzione di tutti i vantaggi del digitale, ma ha anche fatto toccare con mano i rischi che si annidano in una comunicazione senza filtri, proliferante, disordinata, che ha nel web l’epicentro del pericolo di disinformazione e di circolazione di fake news. L’86,4% degli italiani sa che per avere un’informazione di qualità è meglio affidarsi ai quotidiani di carta e online, radio e televisione dove lavorano professionisti, piuttosto che ai social network, dove chiunque è libero di produrre e diffondere le notizie. Professionalità significa affidabilità: il 74,5% della popolazione ritiene che la televisione sia molto o abbastanza attendibile, il 73,7% lo pensa della radio, il 68,5% giudica sicure le notizie della carta stampata. Solo il 34,3% degli italiani ritiene credibili i social network.

Per combattere la disinformazione e promuovere un’informazione affidabile e certificata è nato l’Osservatorio permanente Ital Communications-Censis sulle Agenzie di Comunicazione da cui scaturisce un Rapporto annuale (il primo è stato presentato la primavera scorsa) per tenere alta l’attenzione sul mondo dei media e sull’informazione di qualità.


Ultimo aggiornamento: Martedì 28 Dicembre 2021, 21:18
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