Fabrizio Nonis, il macellaio della tv massacrato di botte allo stadio dopo Verona-Inter

Fabrizio Nonis, il macellaio della tv massacrato di botte allo stadio

Doveva essere una serata diversa dalle altre, una bella serata di fine agosto allo stadio per Verona-Inter in pieno relax, per la prima volta dopo tanto tempo: pizza, partita e poi a casa. Padre e figlio. Ma per Fabrizio Nonis, veneziano, 58 anni, notissimo volto televisivo del mondo dell’enogastronomia (Gambero Rosso Channel, Canale 5, Alice Tv), ma anche scrittore, giornalista, organizzatore di eventi, macellaio (“titolo” riportato anche nel suo format televisivo “Beker on tour”), testimonial del cibo e del vino buono, la serata allo stadio Bentegodi di Verona per la partita Hellas-Inter si è trasformata in un incubo con pestaggio:  massacrato di botte dai tifosi del Verona con perforazione del timpano dell’orecchio destro. Così recita il referto dell'ospedale.

Tifoso si accascia in curva e muore sotto gli occhi del figlio

LA TESTIMONIANZA DI NONIS

«Siamo usciti dallo stadio contenti — racconta Nonis a Il Corriere del Veneto — e felici per aver visto una bella partita. Era da due anni che non andavamo allo stadio. Io tifo Inter e seguo con molta simpatia l’Udinese, grazie alla mia attività professionale ho avuto modo di conoscere e frequentare molti giocatori come Andrea Ranocchia e Kevin Lasagna. Li avevo sentiti in settimana ed eravamo riusciti a recuperare due biglietti sotto la tribuna stampa per la prima partita da vedere assieme». Terminato l’incontro, padre e figlio si avviano verso la strada dove era parcheggiata l’auto: «Stavamo ricordando l’ultima trasferta al Bentegodi, 11 anni fa, quando la squadra della nostra città, Portogruaro, era in serie B.

E di quella trasferta non avevamo un bel ricordo della tifoseria gialloblù. Abbiamo visto che c’era all’angolo un bar dove ci saranno state centinaia di persone, tutte ammassate e senza mascherina che discutevano della partita e bevevano. Ho immaginato che fosse un luogo di ritrovo degli ultrà dell’Hellas e ho preferito dire a mio figlio Simone di fare un giro più largo. Premetto che quando andiamo allo stadio non portiamo mai bandiere, sciarpe ed evitiamo abiti che possano richiamare i colori sociali delle squadre in campo. Eravamo a meno di 300 metri dall’auto, quando ho visto che un gruppetto di sei, sette persone, si è staccato dal pubblico del bar e ha cominciato a seguirci».

L'AGGRESSIONE

"A un certo punto hanno cominciato a urlare ‘Ehi, tu, ehi voi. Che ore sono?’ - continua il racconta di Nonis al Corriere edizione Veneto -. Ci siamo fermati e mio figlio ha risposto: ‘Le undici meno dieci’. Erano a un metro da noi. Un uomo fra i 45 e i 50 anni, con il cappellino dell’Hellas in testa mi ha chiesto ‘Che c.. ci fate qua’. A quel punto ho pensato che forse sarebbe stato meglio rispondere in dialetto, così da far capire che eravamo veneti anche noi e ho risposto che eravamo venuti a vedere la partita. ‘Che squadra tifate?’ mi ha detto l’energumeno. Ho detto che non tifavo per nessuna squadra, ma lui mi ha incalzato e allora ho detto che avevo simpatie per l’Udinese. Non ho fatto in tempo a pronunciare il nome della squadra friulana che mi sono trovato a terra. Quell’uomo mi aveva colpito con un pugno in pieno volto che mi ha fatto perdere l’equilibrio»


Ultimo aggiornamento: Lunedì 30 Agosto 2021, 10:20
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