Eitan, gli zii paterni pronti ad andare in Israele. Il nonno: «Quando crescerà mi dirà: mi hai salvato»

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Tra non molto potrebbero avere la possibilità di rivedere e di riabbracciare Eitan gli zii paterni Or e Aya, sua tutrice legale, volando in Israele, dove il bambino di 6 anni, unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone, nella quale ha perso 5 familiari, tra cui madre, padre e fratellino, è stato portato dal nonno materno Shmuel Peleg, sottoposto alla misura dei domiciliari, fino a domani, con l'accusa di rapimento. Intanto da Israele il nonno dice: «In aereo Eitan non ha mai smesso di chiedere quando saremmo arrivati e gridava: 'voliamo in Israele, voliamo in Israele'».

Alla domanda della giornalista della tv N12, che lo ha intervistato, su quando avesse deciso quello che in Italia definiscono un rapimento, Shmuel Peleg ha risposto: «Credo che Eitan un giorno crescerà e dirà nonno mi ha salvato». Gli zii dall'Italia sono dunque pronti a raggiungere il piccolo, hanno già acquistato i biglietti e certamente attenderanno la fine dello Yom Kippur, celebrazione ebraica iniziata ieri al tramonto, che dura circa 25 ore e che oggi la coppia ha rispettato scegliendo, anche per ritrovare serenità, di non parlare coi cronisti in attesa davanti alla casa poco fuori Pavia.

Intanto, i legali della zia, nominata tutrice dal Tribunale di Torino e con decisione confermata da quello pavese, stanno lavorando per supportare l'istanza avanzata da Aya, attraverso avvocati israeliani, al Tribunale di Tel Aviv. Atto con cui si chiede l'immediato ritorno del piccolo in Italia e che, da quanto si è saputo, ha portato già all'attivazione in Israele della convenzione dell'Aja del 1980, che prevede di assicurare il rientro del minore «presso l'affidatario e il Paese di residenza» nei casi di sottrazione internazionale. L'udienza è fissata per il 29 settembre e Aya ovviamente ci sarà. Prima, come è probabile, i due zii avranno modo di rivedere e di stare col bimbo, dopo i brevi colloqui telefonici che sono stati concessi.

Mentre la misura restrittiva a cui è stato sottoposto Peleg dalle autorità israeliane scadrà domani, gli zii, oltre che alle decisioni dei giudici israeliani (la Convenzione prevede un tempo massimo di 6 settimane per decidere), si affidano ai canali diplomatici per un'intesa più rapida tra i due Paesi, che coinvolga anche i due rami familiari.

Col bimbo in Italia, poi, potrebbe continuare semmai la partita giudiziaria sulla nomina della tutrice (il 22 ottobre è in discussione a Milano un reclamo dei Peleg) e sull'affidamento. Gli zii paterni non chiudono la porta al «dialogo» coi Peleg, nonostante il duro scontro verbale di questi giorni ma anche dei mesi passati, nel corso delle udienze. Il nonno, ma anche la zia paterna Gali, continuano a sostenere che Eitan «non è stato rapito ma solo riportato a casa per il suo bene». Per Or e Aya la «sua casa è Pavia», dove ha gli amici e «il centro della sua vita». La scuola cattolica in cui è stato iscritto, dove lunedì scorso avrebbe dovuto iniziare le elementari, ha spiegato Miri, amica degli zii paterni, «è un percorso educativo» che i genitori avevano già «scelto» da tempo, da gennaio 2020.

Dietro questa disputa sulle pelle del bambino si celerebbero motivi di educazione religiosa e forse anche, fanno notare molti, ragioni economiche legate ai risarcimenti nel procedimento sul disastro e all'eredità. Nel frattempo, sul fronte dell'inchiesta, che a Pavia vede accusati Shmuel, ma anche l'ex moglie, la nonna Etty, di sequestro di persona, gli investigatori della Squadra mobile stanno ricostruendo i mesi passati in Italia dal nonno, tra Milano e Pavia, i suoi contatti, le sue frequentazioni. E il percorso di sabato scorso, quando ha lasciato la casa di Aya, dopo aver preso il piccolo per la visita concessa, per arrivare in auto all'aeroporto di Lugano e volare in Israele con un aereo noleggiato. Indagini classiche, con tabulati telefonici, telecamere, acquisizioni di documenti, rogatorie in Svizzera, per ricostruire la 'catenà delle complicità e i presunti legami di Shmuel, ex militare, anche con ambienti vicini ai servizi segreti israeliani. E con verifiche sui «buchi» nella sicurezza che hanno consentito al nonno, che avrebbe avuto un «piano» organizzato e «supportato», di far partire il nipote, nonostante il divieto di espatrio diramato su decisione del giudice di Pavia, che aveva stabilito anche la riconsegna del passaporto israeliano del bambino. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 16 Settembre 2021, 21:16
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