Discoteche, Sergio Cerruti: «Dovevano restare chiuse o riconvertite. Ora sono capro espiatorio»

Discoteche, Sergio Cerruti: «Dovevano restare chiuse o riconvertite. Ora sono capro espiatorio»
Discoteche chiuse e locali convertiti, è questo il pensiero dell’AFI (Associazione Fonografici Italiani) sulla recente decisione del governo di dare uno stop alla movida notturna per i preoccupanti numeri sulla crescita del coronavirus.  Sergio Cerruti, presidente dell’AFI, vicepresidente di Confindustria Cultura Italia e un passato dietro alle consolle da dj, è stato molto: «Il mio pensiero sulle discoteche - ha spiegato in esclusiva a Leggo.it - non è cambiato: dovevano restare chiuse o gli spazi dovevano essere riconvertiti con regole di utilizzo precise e preventive. Un mese e mezzo fa dissi che ci sarebbe stato il rischio di farle diventare un capro espiatorio di questa situazione. Così è stato».

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L’errore è stato a monte, con la mancanza di un comitato che conosca a fondo il settore: “Tutto deriva dal fatto che manca un comitato musicale scientifico – ha sottolineato Cerruti -  composto da persone che conoscono nello specifico le esigenze di un settore ancora una volta ignoto al legislatore che non è in grado di intercettare le caratteristiche e le esigenze del settore musicale. Le discoteche non dovevano essere riaperte perché a quel punto sarebbe stato certo il danno economico. Chiuderle in pratica a metà stagione fa diventare tutto più incerto e gli imprenditori si trovano in una situazione davvero terribile”.
Nulla anche la programmazione: “La responsabilità del legislatore è di legiferare anche in una maniera precauzionale, quindi anche con un atteggiamento da buon padre di famiglia che prevede e non deve poi riparare i danni. Questo purtroppo in questo settore, come anche in quello legato ai live, non è accaduto: si sono susseguite misure isteriche una dopo l’altra che hanno cercato di inseguire una soluzione, senza pensare invece a una profilassi che potesse evitare quanto purtroppo accaduto con la chiusura”.


C’è la necessità di una maggiore attenzione da parte delle forze politiche e uno sforzo da parte del settore dell’intrattenimento, che deve strutturarsi come un’industria: “ Il settore dell’intrattenimento (e della cultura più in generale), oggi colpito in una delle sue costole come le discoteche, ha bisogno necessariamente di una considerazione diversa da parte del governo: occorre una struttura in grado di gestire le esigenze di un settore che rappresenta centinaia di migliaia di addetti ai lavori, con un fatturato ingentissimo (1,8% del Pil). Una volte per tutte c’è la necessità di strutturarci come un’industria culturale e d’intrattenimento”.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Agosto 2020, 15:19
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