La Fase 2 sta arrivando. Ma che paura ci fa: dal ritorno al lavoro all'addio alle conferenze stampa di Borrelli

La Fase 2 sta arrivando. Ma che paura ci fa: dal ritorno al lavoro all'addio alle conferenze stampa di Borrelli - SECONDA PARTE

di Boris Sollazzo
Fase due. E' in arrivo. L'aspettiamo, ma la temiamo. Nella prima parte di questa quinta puntata avevamo iniziato ad elencare le cose che ci intimoriscono e ci inquietano di questa seconda "stagione" dell'era Coronavirus. Una serie di cose mi inquietano di un (anche parziale) ritorno alla normalità. Sono almeno sei. Nella prima parte ve ne ho esposte le prime. Ora le ultime tre

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4. Il tempo libero. Dove, come, cosa faremo fuori dagli uffici, dalle redazioni, dalle fabbriche? Gli stadi si riempiranno più o lo sport, dalla serie A alle Olimpiadi, lo vedremo solo in tv sempre più attrezzate che ci faranno sembrare quelle imprese evoluzioni da Playstation? Il teatro e il cinema si riprenderanno? Le radio locali che hanno tenuto su il morale e informato in questo periodo sopravviveranno alla mancanza di pubblicità? Nessuno pensa a polmoni come questi, all'arte in generale, che è l'unico modo per elevarsi e reagire, per illuminare le menti e ripulire i cuori, nessuno immagina ammortizzatori sociali per registi, attori, montatori, tecnici delle luci, compagnie di teatro, speaker, fonici. Torneremo a vivere quelle esperienze magiche di una visione collettiva, di uno spettacolo dal vivo con tanti che condividono con noi passioni e gusti, ma di cui non sappiamo il nome? Se sì, come penso e spero, diventerà una tortura come lo è viaggiare in aereo nel post 11 settembre o sapremo scovare nuove idee? I ristoranti, che per la nostra pigrizia e ossessione stakanovista, erano diventati troppi per ospitare pranzi e cene di chi non riusciva a cucinare a casa dopo 12 ore di lavoro, che fine faranno? Si salveranno solo i migliori o tutti verranno fagocitati dai grandi gruppi? Ho bisogno di sapere di poter rivedere il Napoli allo stadio cantando con altre decine di migliaia di scalmanati, ho voglia di tornare a un festival del cinema, voglio scappare da casa e usare i 600 euro dell'Inps per le baby sitter per portare mia moglie a teatro. E sì, anche ammassarmi con educazione al bar durante l'intervallo, spiando l'outfit degli abbonati e indovinando le storie degli altri spettatori. Ma soprattutto sapremo essere migliori? Smettere di vedere scontri fuori dagli stadi, troppo poco teatro indipendente, un cinema coraggioso con più spazio?


5. Tornare al lavoro. Chissà quando, la quarantena sarà variabile per ognuno di noi. Ma è già un'incognita il tornare al lavoro. Come faranno coloro a cui scade un contratto a tempo determinato in piena estate, quando tutto si spera riprenderà a girare ma in cui le tasche saranno vuote? Come affronterà la classe dirigente una crisi economica strutturale di queste dimensioni? Come sempre, finora, in Italia, almeno da 30 anni a questa parte? Tagliando - in modo discriminatorio, come al solito: prima le donne, poi i bambini (nel senso dei giovani) -. sfruttando, speculando, utilizzando furbescamente i fondi pubblici a disposizione? Usciremo dalle nostre case più consci della parità, con famiglie in cui ogni componente sa come prendersi cura degli altri e torneremo a lavorare in luoghi in cui le ingiustizie saranno acuite. Con generazioni con contratti d'oro e diritti acquisti che baronalmente terranno sotto il tacco neoassunti e madri lavoratrici, con capi che si vedranno concedere aperture di credito (economico e morale) che deluderanno. Sarete sempre gli stessi, per cui chiamarvi boss non è una lusinga ma una constatazione? Quelli che in pieno Covid andavano malati in ufficio perché i dipendenti sono merce di loro proprietà, quelli che non si sono rassegnati alla quarantena neanche per legge e continuavano a pretendere da lavoratori che potevano tranquillamente operare in smart working un'inutile e pericolosa presenza in sede? Quelli che già ora pianificano il ritorno in ufficio di tutti e che magari a chi ha un tampone positivo fanno mobbing perché in fondo al pc ci puoi stare, mica sei in terapia intensiva. Crisi vuol dire anche occasione. Il Covid ci ha tolto una generazione, non facciamo che il post Covid ce ne tolga altre. Proviamo una rivoluzione generazionale, valoriale, strutturale. O altrimenti l'apocalisse è solo rimandata. Perché il virus peggiore non viene dai pipistrelli, ma da noi.

6. Giuseppe Conte. Aspettarlo, come Godot, è diventato il mio passatempo preferito. Quando annuncia una dichiarazione su Facebook, anche solo un videoparty, mi emoziono. E quell'ora di attesa acuisce solo il piacere. Quando annunciano una conferenza stampa che viene rimandata per ore mi sento come al primo appuntamento, quando la mia lei non arrivò mai. E se in fase 2 non volesse più parlarci così spesso come un tempo? E se volesse privarci delle sue frasi a effetto come "rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore domani", "fermiamoci oggi per correre più veloci domani", "possono separarci una porta, un balcone, una strada. Ma niente e nessuno potrà separare i nostri cuori", "ho fatto un patto con la mia coscienza", "questo governo non lavora con il favore delle tenebre", sembrano uscite dai Baci Perugina di un tempo, hanno la potenza evocativa di "T'appartengo" di Ambra Angiolini. Io di Giuseppi non posso più fare a meno. Ho paura che nella fase due, tre, quattro lui torni nell'anonimato, si trinceri dietro i suoi "non so, non rispondo, vi farò sapere". Se Borrelli è la serie tv che alle 18 non mi perdo più, tu sei il mio varietà di Fiorello. Ho paura di un mondo in cui non sconvolgi le mie giornate con i tuoi messaggi a cuori unificati.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 13 Aprile 2020, 16:43
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