"Gli africani non sanno che non devono violentare le donne sulla spiaggia": frase choc dell'avvocato. "Ora mi minacciano di morte"

"Gli africani non sanno che non devono violentare le donne sulla spiaggia": frase choc dell'avvocato. "Ora mi minacciano di morte"

di Viviana De Vita
Minacce di morte, inviti pubblici allo stupro e un mare di offese, cattiverie gratuite e feroci volgarità di carattere sessista. Lei, l’avvocato Carmen Di Genio, ritenuta dal tribunale del web «colpevole» per aver pronunciato nel corso di un convegno pubblico una frase «ampiamente travisata, decontestualizzata e poco compresa» su un tema delicato quale quello degli immigrati e che lei stessa definisce «tabù», dopo aver taciuto per giorni, non ci sta più e ha deciso di parlare per dire basta a questo vero e proprio linciaggio mediatico che si è scatenato contro di lei, coinvolgendo anche la figlia appena 16enne, e per chiarire, una volta per tutte, quello che voleva dire con quella frase rimbalzata agli onori della stampa nazionale «non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia, su una spiaggia, non si può violentare una persona». 

«Durante il mio intervento lo scorso 13 settembre nel corso del convegno “Sicurezza e legalità” ho inteso affrontare, tra gli altri, un tema delicato quale la necessità del rispetto delle nostre regole e di una formazione civile e culturale – di tipo occidentale – da parte degli immigrati che stanno giungendo numerosi sul nostro territorio. Mi riferisco, in particolare, ai giovani e ai minori provenienti da paesi in cui la donna non è considerata con rispetto e in cui gli stupri e le violenze sessuali sono frequenti e spesso impuniti. Il capo branco degli stupri avvenuti “sulla spiaggia” di Rimini, proveniente dal Congo, definito dall’Onu la capitale mondiale degli stupri, ha agito infatti con gli altri minori, con “modalità esecutive” tipiche di quello che in Africa è noto come "gang rape", selvaggio e crudele stupro di gruppo, lì molto diffuso, quasi una consuetudine, e ampiamente impunito. Ebbene noi dobbiamo considerare che tra chi proviene da tali paesi, può esservi qualcuno che sia portatore di tali esperienze, mentalità ed esempio. È quindi dovere del Paese che accoglie, approntare un valido strumentario di prevenzione idoneo ad evitare il ripetersi del terribile e recente episodio di violenza». Un pensiero, quindi, quello espresso dall’avvocato Di Genio «né razzista né buonista» ma semplice espressione «di una condivisibile libertà di opinione che è patrimonio irrinunciabile e valore inviolabile di ogni persona, soprattutto in una società in cui l’odio, l’insulto, il sessismo e le minacce di morte si esplicitano con disinvoltura nascondendosi dietro lo schermo di un computer infamando non solo una professionista ma anche e soprattutto una donna e una mamma». 
Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Settembre 2017, 08:57
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