Detenuto nudo e picchiato in cella: tre agenti accusati di tortura. «Uno diceva: il comandante sono io»

Detenuto nudo e picchiato in cella: tre agenti accusati di tortura. «Uno diceva: il comandante sono io»
Tre agenti di polizia penitenziaria rischiano il processo per il reato di tortura. Accade a Ferrara, dove le tre guardie carcerarie sono accusate di aver fatto spogliare e di aver picchiato un detenuto in cella: per loro la Procura ferrarese ha chiesto il rinvio a giudizio e l'udienza preliminare è fissata per il 9 luglio. La vittima, secondo quanto riportano i quotidiani locali, è in carcere per omicidio.

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I fatti risalgono al 30 settembre, dopo di che l'uomo è stato trasferito a Reggio Emilia. I tre agenti avrebbero agito «con crudeltà e violenza grave» approfittando «della condizione di minorata difesa derivante dall'averlo ammanettato», contesta la Procura nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm Isabella Cavallari. 

Secondo la pm la vittima, in occasione di una perquisizione, sarebbe stato oggetto di «trattamento inumano e degradante per la dignità della persona»: è stato fatto denudare e inginocchiare e in quella posizione percosso, anche con un oggetto di metallo, quindi lasciato lì fino a quando non l'ha notato il medico del carcere. Due agenti sono accusati anche di falso e calunnia, per i rapporti sulla vicenda. Il detenuto ha avuto una prognosi di 15 giorni. Imputata anche un'infermiera del carcere, per false attestazioni. 

"IL COMANDANTE SONO IO" «Qui non c'è nessuno, comandante e ispettore sono solo io». Le parole sarebbero state di uno dei tre agenti della Penitenziaria accusati a Ferrara di aver torturato un detenuto, facendolo spogliare e picchiandolo. La frase, riportata nella richiesta di rinvio a giudizio, secondo la Procura sarebbe stata pronunciata da uno dei tre, un sovrintendente, dopo che la vittima, da lui colpita ripetutamente anche con un oggetto di ferro, aveva invocato il comandante di reparto del carcere. A quel punto sarebbe entrato nella cella il secondo agente, un assistente capo, dicendo: «Ora tocca a me». Anche lui quindi avrebbe iniziato a picchiare e insultare il detenuto, seguito dal terzo agente, che ha fatto anche da palo.

Secondo quanto ricostruito dall'accusa, il sovrintendente e due assistenti capo della Penitenziaria, difesi dagli avvocati Alberto Bova e Giampaolo Remondi, si sarebbero infatti alternati nel fare da palo nel corridoio, in occasione di una perquisizione eseguita arbitrariamente dentro la cella dove si trovava recluso in isolamento il detenuto, 25 anni. Prima il sovrintendente, dopo avergli fatto togliere maglia e canottiera, lo avrebbe fatto inginocchiare, quindi colpito con calci allo stomaco. Poi gli avrebbe fatto togliere scarpe e calzini, lo avrebbe ammanettato continuando a colpirlo su stomaco, spalle e volto e poi anche con un ferro di battitura.

A quel punto la vittima avrebbe reagito, con una testata, rompendo gli occhiali all'agente, che lo ha minacciato e lo ha colpito ancora, fino a spaccargli un dente.
Il detenuto allora ha chiesto aiuto, ma l'agente lo avrebbe minacciato alla gola con un coltello rudimentale, passatogli da un collega. Finite le percosse dei tre, la vittima è stata lasciata ammanettata fino a quando non è stata notata dal medico del carcere, durante il giro tra le sezioni. Gli indagati rispondono anche di lesioni e a vario titolo di falso e calunnia, per aver scritto nei rapporti, in sostanza, che il detenuto si era opposto alla perquisizione e li aveva aggrediti.


LEGALE INFERMIERA: HA DETTO CIO' CHE HA VISTO «Esiste un fatto principale che è quello che viene contestato agli agenti. E un fatto secondario, contestato alla mia assistita, che avrebbe cercato di agevolare l'impunità di questi soggetti. Intanto bisogna dimostrare che siano colpevoli, e lo ritengo arduo, e poi, in secondo luogo, se le dichiarazioni della mia assistita siano 'pro reò o se effettivamente, come è successo, siano in buona fede: ha riportato quello che ha visto». Lo dice l'avvocato Denis Lovison, difensore dell'infermiera del carcere di Ferrara per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio per falso e favoreggiamento nei confronti di tre agenti della Penitenziaria, accusati di tortura ai danni di un detenuto. La donna, per il pm Isabella Cavallari, avrebbe attestato e dichiarato falsamente di aver visto il detenuto sbattere la testa contro un blindo. 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Giugno 2020, 16:05
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